Sui passi della storia

di Mario Torrente
Ancora oggi percorrendo la rete sentieristica della montagna di Erice è possibile ritrovarsi a camminare su antichissime pavimentazioni in pietra, tra basolati e selciati che hanno visto scorrere i secoli. Alcuni tracciati portano addirittura indietro nel tempo di millenni, come lungo il percorso di Sant’Anna, che collegava le pendici nel Monte, nel versante di Martogna, ad Erice, arrivando a porta Carmine. Questo itinerario originariamente potrebbe addirittura risalire alla prima guerra punica, quindi a circa 2200 anni fa, ad opera degli stessi Romani che in questo lato della montagna avevano i loro accampamenti e postazioni militari, come il Castello dell’Egitallo. Secondo quanto riportato dalla fonti storiche, si trattava di una grande fortificazione in grado di accogliere circa 800 soldati. Era un punto strategico, visto che da qui si controllava la strada che da Deprana portava ad Erice. Ed ancora oggi si possono vedere alcuni resti di questo sistema di fortificazioni, come il muraglione vicino alle Rocche del Calderaro ed alcune torri. La contromuraglia romana, anche chiamata “trincea”, partiva da poco sotto la chiesa di Santa Maria delle Scale, di cui oggi restano solo dei ruderi nascosti nella vegetazione, per arrivare nei pressi della chiesa di San Luca, che si trovava dove oggi c’è la Casazza. Per quasi dieci anni, dal 249 al 241 avanti Cristo, la montagna di Erice fu dunque il terreno di scontro tra Romani e Cartaginesi che si contendevano il dominio nel Mediterraneo. La guerra, che si concluse in mare il 10 marzo del 241 a.C. nella famosa battaglia delle Egadi, per quasi dieci anni venne però combattuta nella montagna di Erice. In quella che oggi si potrebbe definire una guerra di posizione.

I Punici controllavano per lo più il versante Nord, con i loro accampamenti a Bonagia/Crocifissello, San Matteo e Visconti. I Romani presidiavano invece il versante Ovest, con le loro postazioni a Pizzo Argenteria e Castellazzo, ma che negli anni passò più volte di mano tra i due eserciti. Tant’è che qui è stata trovata anche ceramica punica. Siti e reperti archeologici che sono stati studiati dall’archeologo Antonino Filippi, che ha pure curato diverse pubblicazioni e tenuto delle conferenze. Studi che meriterebbero di essere approfonditi ulteriormente. Come ovvio questa strada, tutta in pietra, è stata rimaneggiata nei secoli ed in alcune parti presenta le forme del caratteristico selciato medievale, proprio come quello di Erice. Andrebbe tutelata e salvaguardata come gli altri itinerari storici che rappresentano una vera e propria narrazione da fare strada facendo con lo sfondo della grande bellezza da un lato sui panorami di Trapani e del mare delle isole Egadi, dall’altro sul golfo di Bonagia e su tutto l’Agroericino.
Pavimentazioni antichissime, realizzate per fare passare carri e carretti tirati da asini e cavalli, che ancora oggi si intravedono in alcuni punti, come per la scala soprana, nei pressi di Sant’Ippolito lungo il sentiero delle Tre chiese. O il tratto, che i muntisi chiamano “Strada Romana”, che dalla curva della Casazza arriva fino all’ex Csi, che anticamente era la chiesa di Santa Maria della Grazia. Da qui passava la Madonna di Custonaci durante i trasporti del quadro della Vergine. In questo tratto la pavimentazione originaria è quasi del tutto integra. Si vede ancora qualcosa anche salendo verso Porta Spada, nei pressi della roccia dove un tempo sgorgava abbondante l’acqua della sorgente “du bambieddru”. “Pezzi” di basolato si possono vedere pure scendendo dalla Casazza lungo l’itinerario delle Tre Chiese: appena finisce la strada asfaltata compaiono i resti dell’antichissimo basolato che in piccoli punti è ancora integro. E chissà cosa si potrebbe nascondere sotto le parti asfaltate ed il pietrisco.

Insomma, la montagna di Erice custodisce un panorama di bellezza, natura e storia che si può scoprire percorrendo i sentieri e camminando su selciati che conservano un patrimonio di conoscenza che porta indietro nel tempo di millenni. E che sicuramente meriterebbe molta più attenzione. Grazie al suo carico di archeologia, leggende, racconti e narrazioni, molti dal sapore ancestrale, il Monte rappresenta quasi un grande Museo a cielo aperto dal potenziale immenso. E la sua montagna potrebbe davvero offrire nuovi spunti di sviluppo per Erice ed il suo tessuto economico. Passando per una offerta culturale che scorre da un sistema viario ultrasecolare che mette in collegamento vari punti della montagna. Tutti da scoprire e raccontare semplicemente camminando immersi in un contesto impareggiabile. Quello del Monte che fu della dea Venere. Ed ancor prima di Astarte e della Grande Dea Madre. Dove bellezza e storia si intrecciano tra i tanti miti e leggende che rendono ogni passeggiata per i sentieri ericini un’esperienza sensoriale ed emozionale semplicemente unica. Esasttamente come questa montagna. Semplicemente unica.