Alla scoperta di Erice: la chiesa di Santa Oliva

Questa è la ex chiesa Santa Oliva. Si trova ad Erice, praticamente all’inizio del bosco. È antichissima e pulsa di storia da ogni sua pietra. Pensate un po’, risale a prima del 1300. Poi nel 1625, durante la peste, dopo che vi furono sepolti dei sacerdoti che morirono a causa dell’epidemia, divenne la chiesa di Santa Croce. Prese questo nome dalla grande croce di pietra che venne messa nell’altare, successivamente collocata esternamente nel muro. E che ancora oggi si può vedere scendendo dal viale delle pinete.

La chiesetta si trova infatti vicino ai campi di tennis, subito dopo Porta Carmine, ed è un passaggio obbligato uscendo da Erice. Praticamente ci passano tutti, ma pochi ne conoscono la ultra secolare storia. Era una delle chiese fuori le mura, “extra-moenia” come ce ne sono tante sparse per la montagna di Erice. Ma questa, a differenza di altre, era davvero vicino al centro abitato. Si trova infatti poco sotto le millenarie mura elimo-puniche, in linea d’aria vicino al punto in cui le fortificazioni facevano ad angolo per iniziare a risalire verso l’attuale piazza della Loggia, dove, a quanto pare, c’era una grande torre centrale.

Le originarie fortificazioni, quelle risalenti agli Elimi, non arrivavano infatti fino a porta Trapani. Questa è la parte “nuova”, quella medievale, come si può vedere anche dalle pietre decisamente più piccole rispetto ai massi megalitici che risalgono invece al sesto o settimo secolo avanti Cristo. E che caratterizzano, con i torrioni e le postierle, il tratto che va da porta Carmine a porta Spada. Ma Erice, originariamente, aveva due cinte murarie. L’altra si trova cento passi sotto quella urbana, il cosiddetto contro-muraglione, di cui restano ancora dei grandi blocchi megalitici quasi nascosti dalla fitta vegetazione del bosco. E Santa Oliva é proprio nel mezzo di quelle che un tempo erano le linee di difesa della città della dea dell’amore.

La chiesa, come ovvio, venne più volte restaurata ed ampliata e prese l’attuale aspetto con l’ultimo rimaneggiamento del 1700. Le sue mura in pietra raccontano secoli di storia ed ancora oggi al suo interno si può ammirare il grande arco che divideva l’abside dalla navata. Stiamo insomma parlando di un autentico “tesoro” della montagna di Erice. Purtroppo, al momento, per niente valorizzato. L’edificio, di proprietà del Comune di Erice, si trova in una posizione strategica, in quanto in una zona di passaggio, poco fuori il centro abitato, nel bel mezzo del bosco e facilmente raggiungibile a piedi. Ed infatti per un periodo è stata sede della sezione di Erice dell’Unesco, ospitando convegni e diverse iniziative a sfondo culturale. E potrebbe continuare a farlo, magari anche in chiave turistica oppure diventando il punto di partenza dei percorsi per le antiche chiese extra-moenia di Erice. Credetemi, c’è tutto un mondo da scoprire, poco conosciuto ma che potrebbe creare una nuova ed “unica” offerta turistica. Non solo in chiave outdoor.

Alcune pagine di storia si possono “leggere” e toccare con mano solo ad Erice, la cui rinascita non può che passare dalla montagna, il motore trainante di un futuro ancora tutto da scrivere. E dove la chiesa di Santa Oliva/Croce potrebbe avere un ruolo centrale. Ma prima andrebbe recuperata e poi meglio utilizzata. Al momento, infatti, ospita l’archivio del Comune. E qualche giorno fa è crollato parte del tetto. Segno che l’edificio non è messo proprio bene. Purtroppo non ci sono in programma progetti per un suo restauro. Ma si è ancora in tempo per fare rivivere nuovamente la chiesa di Santa Oliva, che ancora ha tanto da dare ad Erice, come tutte le altre chiese rupestri disseminate per il Monte.

Tra tutte, ricordo la bellissima chiesa di Maria Maddalena, che crollo dopo crollo va scomparendo sempre più. Ma ce ne sono tante altre, da vedere ed esplorare. E soprattutto da restaurare per ridare dignità a secoli di storia e vita vissuta su e giù per la montagna. E un futuro migliore che le prossime generazioni potrebbero vivere nella loro terra piuttosto che andare a cercare lavoro altrove. Quando qui si potrebbero creare un miriade di opportunità per tutti…

Mario Torrente