Quando le bombe distrussero il “Casalicchio”

Il 6 aprile del 1943 è una data che ha segnato tragicamente Trapani. Quel giorno, in piena seconda guerra mondiale, la città subì un pesantissimo bombardamento, che rase al suolo l’intero quartiere Casalicchio. Quello che sorgeva attorno alla chiesa di San Pietro, praticamente nelle zona in cui oggi si allunga, dal Tribunale alla chiesa di Sant’Agostino, Corso Italia, con i suoi palazzi moderni. Le scuole e gli uffici con stili architettonici degli anni Cinquanta e Sessanta. Con in mezzo, ogni tanto, qualche vecchia abitazione sopravvissuta alle bombe sganciate dagli aerei delle forze alleate. Quello che un tempo era il nucleo originario di Trapani, ciò che restava della secolare città-castello, circondata da mura e bastioni demoliti dall’Unità d’Italia in poi, venne così completamente distrutto. Ben poco si salvò. Fu il definitivo colpo di grazia a quella che fu la Trapani “invictissima e fedelissima”. Secoli di storia spazzati via. La città antica, tra macerie e ruderi, scomparve. E forse anche una parte dell’identità e dell’orgoglio trapanese, impresso nel rosso granata del simbolo della città. A memoria del sangue versato dai suoi abitanti per difendere quelle mura fiere e maestose. Considerate imprendibili.

In quel tragico 6 aprile morirono tantissimi trapanesi. Si è sempre parlato di 6 mila vittime, come scritto dai giornali di allora. E anche nella motivazione della medaglia al valore civile assegnata a Trapani si parla di 6 mila vittime, come ricordato nella targa messa davanti al monumento di via XXX Gennaio. Ma andando a vedere i dati Istat emerge che i morti durante la seconda guerra mondiale in provincia di Trapani, sia pre che post armistizio, furono 2.068, di cui 1223 civili. I conti, quindi, non tornano visto che il numero complessivo riportato nelle tabelle dell’Istat è ben al di sotto dei sei mila di cui si è sempre parlato per il bombardamento del 1943. I trapanesi morti quel 6 aprile sarebbero stati tra i 300 ed 400. Che sempre assai sono, se si considera che l’inferno delle bombe durò attorno ai 15 minuti. Portandosi via centinaia di vite, sventrando la città e radendo al suolo un intero quartiere. In quelle case del Casalicchio attorno alla chiesa di San Pietro, che resto miracolosamente in piedi nonostante i danni (restò chiusa per anni), ci viveva il popolo, a partire dai tanti marinai, pescatori, nucleo vitale in una città di gente di mare. Anche se i numeri potrebbero essere nettamente inferiori rispetto ai sei mila, fu comunque una carneficina. Che segnò una intera comunità. Sotto le macerie restarono uomini, donne e bambini innocenti. E Trapani, dopo quel 6 aprile 1943 non fu più la stessa.
Le bombe sganciate dagli aerei angloamericani colpirono anche altre zone del centro storico, ma si concentrarono soprattutto nella zona dove c’era la casermetta sommergibili del porto. E la vecchia caserma “spagnola”. In quel punto c’era il quartiere generale delle forze fasciste che presidiavano la città. Che pagò un prezzo così alto proprio per la presenza di basi militari e per il suo porto così strategico trovandosi al centro del Mediterraneo. Non a caso Trapani per secoli è stata piazza d’armi. Trovandosi sempre al centro di guerre e scontri navali. Già al tempo dei cartaginesi durante le guerre puniche. La battaglia delle Egadi ci ricorda che la storia da sempre è passata da queste parti. Prendendosi il suo tributo di sangue. Come ovvio le bombe, oltre agli obiettivi bellici, lasciarono morte e distruzione. Finendo su case, palazzi e chiese. Tra cui quella di San Michele dove erano custoditi i gruppi della processione dei Misteri. Che ebbero gravissimi danni. Durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale venne colpito anche il teatro Garibaldi, l’originario Real teatro Ferdinando ultimato nel 1849 sotto i Borboni. Un autentico “gioiellino”, con una acustica perfetta e dove si esibì anche un giovanissimo Caruso. Pensate un po’, i trapanesi ci tenevano talmente tanto ad avere un “loro” teatro che si autotassarono. Altri tempi. Altro orgoglio cittadino. Altre generazioni di trapanesi. Quelli che vennero dopo fecero altre scelte. Nella distruzione del “Garibaldi-Real Ferdinando” le bombe c’entrano infatti parzialmente. Finita la guerra la struttura, con il suo muro circolare ed il pronao colonnato, era ancora in piedi. Ma piuttosto che salvare lo storico teatro, si preferì demolirlo. In quell’area successivamente fu realizzata la Banca d’Italia. Che tra l’altro, l’anno scorso ha chiuso la sede trapanese. L’immobile è stato in vendita e per un po’ si era parlato dell’ipotesi di riconvertire quel grande palazzo in teatro. Che a Trapani manca da quando è scomparso il “Garibaldi-Real Ferdinando”.

Tornando a quel terribile 6 aprile di 77 anni fa, alle bombe piovute dal cielo seguì la ricostruzione, demolendo e alzando nuovi e moderni palazzoni. Prese così forma il nuovo volto di Trapani. Dove un tempo sorgevano piccole case in tufo e pietra misca, dal tradizionale colore marrone, si alzarono palazzi con molti piani di elevazione. Scuole e uffici con le architetture che andavano a metà del Novecento. Le strette viuzze pavimentate a forma sinusoidale (ne è rimasta una tra la via Mercè e Catito) in grado di tagliare il vento (tecnica di costruzione curvilinea tipicamente araba) lasciarono spazio a grandi e larghe strade. Come Corso Italia. Dove, però, tira sempre vento. Così della Trapani del 1943 non è rimasto quasi nulla. Davvero ben poco come le due colonne, che un tempo davano il benvenuto al pubblico all’ingresso del Teatro Garibaldi: dopo essere state per decenni prima nella villa Margherita e poi in quella Pepoli davanti l’ingresso della basilica della Madonna di Trapani, nel 2016 le colonne “superstiti” hanno finalmente trovato una più degna collocazione nel monumento fatto erigere dell’associazione dell’associazione nazionale vittime civili, grazie al contributo economico di tanti cittadini che hanno finanziato l’opera eretta a ricordo delle vittime dei bombardamenti del 6 aprile 1943. Proprio nel punto dove venne pagato il più alto tributo in termini di vite e devastazione.ui c’era infatti la caserma “spagnola”, il quartiere generale tra gli obiettivi dei bombardieri alleati. Significativa, molto significativa, la composizione: un delle due colonne è spezzata e simboleggia la distruzione della guerra. L’altra, perfettamente integra, svetta verso il cielo, rappresentando la ricostruzione. E la speranza. Due colonne, dunque, che hanno “visto” cadere le bombe dal cielo, morire migliaia di persone e scomparire la città per come era un tempo. E che adesso, in queste settimane difficili, ci proiettano verso le nuove sfide per il futuro.

 

post scriptum: per il grande tributo di sangue versato dalla sua gente, Trapani, nel 1961 con l’allora presidente della Repubblica Antonio Segni, è stata insignita della medaglia al valore civile.  Una targa, un po’ nascosta dalla vegetazione dell’aiuola (una sistemata ci starebbe proprio), messa proprio davanti al monumento dove in questi anni ogni 6 aprile sono state organizzate delle cerimonie di commemorazione, ci ricorda cosa è successo quel 6 aprile di 77 anni fa. E l’esercizio della memoria è un punto di forza di ogni comunità che vuole andare avanti e migliorare. Sopratutto nei momenti di difficoltà, quando c’è bisogno di trovare la forza per rialzarsi…
Mario Torrente