La little Venice in “salsa” trapanese

Secondo me questo è uno degli scorci più particolari e belli di Trapani. Qui le case si affacciano sul mare, come in una “little Venice” nel cuore del Mediterraneo. Siamo alla fine della via Carolina, in un punto che è stato ribattezzato piazzetta del Tramonto. Dove ogni sera in tanti si danno appuntamento per vedere il sole scomparire dietro la linea dell’orizzonte in un trionfo di colori. Spettacoli tutti trapanesi che qui trovano davvero una tribuna d’onore. Che potrebbe sicuramente essere meglio valorizzata. Piuttosto che fare i conti con la monnezza. Tanta monnezza! E con l’incuria. Eppure siamo in un tratto de litorale che pulsa di bellezza e storia. Proprio davanti il mare di Capo Grosso, nell’isola di Levanzo, dove il 10 marzo del 241 avanti Cristo Romani e Cartaginesi si combatterono nella storica battaglia delle Egadi. Tant’è che il viale che porta verso il Lazzaretto è stato intitolato al generale romano Lutazio Catulo. E dalla scogliera, anche questa piena di rifiuti, si arriva al villino Nasi. Che ci riporta indietro nel tempo, quando Trapani ebbe un politico che scaldava i cuori di un’intera città. Amato al punto che furono gli stessi trapanesi a costruire quell’edificio sugli scogli tra Torre di Ligny e la Colombaia. Già, l’antichissimo castello di mare che si dice risalga ai Cartaginesi. Al generale Amilcare Barca. Insomma, stiamo parlando di un litorale dove ogni angolo ha una storia da raccontare. Dall’altro lato, nel versante di Tramontana, c’è invece ciò che resta delle mura. Con i bastioni Imperiale e Conca. E ancor prima Torre di Ligny. Proiettata tra il Tirreno ed il Mediterraneo. Considerata dai trapanesi doc il punto di inizio dell’Italia. Non c’è altro da aggiungere: davvero un posto unico. Sia per la sua posizione geografica che per il carico di storia e leggenda. Anche gli scogli qui sono avvolti nel mito. Come quello del maloconsiglio. Dove c’è chi ha visto la nave dei Feaci di re Alcino che portò Ulisse ad Itaca. L’imbarcazione, così racconta l’Odissea, venne pietrificata da Nettuno all’imboccatura del porto di Scheria. Una leggenda trapanese narra invece che questo scoglio altro non sia che una nave di pirati saraceni trasformata in roccia dalla Madonna. Ma c’è anche un po’ di storia tra questi flutti, che si riporta indietro nel tempo ai Vespri Siciliani. Si narra che qui Giovanni da Procida il 30 marzo del 1282, e quindi alla vigilia della rivolta contro gli odiati angioini, si incontrò con Palmerio Abate, Alaimo da Lentini e Gualtiero da Caltagirone. La leggenda vuole che i quattro cospiratori raggiunsero lo scoglio a nuoto per definire le modalità della sommossa. L’indomani a Palermo, nella chiesa di Santo Spirito, durante la preghiera serale dei Vespri, scoppiò la ribellione contro i francesi. E secondo la tradizione Trapani ebbe un ruolo centrale della pianificazione della insurrezione popolare. Ancora oggi ci sono luoghi che raccontano quei tumulti di ben otto secoli addietro. Ad esempio ad Erice porta Spada ci ricorda tutti i francesi che furono passati a fil di spada durante la rivolta dei Vespri Siciliani. 

Il nostro viaggio tra questi scogli della punta occidentale della Sicilia è partito dalla prospettiva su Torre di Ligny e la lingua di terra che collega questa zona col resto della città. Un tempo qui era tutto un susseguirsi di isolotti e scogli in mezzo al mare. Poi, riempimento dopo riempimento, queste rocce sono diventate un tutt’uno con la città che, dal tredicesimo secolo in poi, si è andata allargando verso Ponente. Dall’Unità d’Italia l’asse si è invece spostato ad Est, in direzione di Monte Erice. Guadagnando spazio dalle saline e dal litorale di Tramontana. Anche su quella che un tempo era una spiaggia vastissima con le dune che arrivavano fino alle pendici della montagna che fu della dea Venere. E nella zona dove un tempo c’era il lago Cepeo. Un’area un tempo piena di orti e campi coltivati. Dove si producevano i prodotti agricoli che poi andavano a riempire i mercati della città. Adesso è invece qui un susseguirsi di palazzi. La città, con il suo cemento e le strade asfaltate, ha fatto sparire quello che per millenni è stato il volto della Trapani extra moenia. E fuori le mura c’era anche il tratto di costa di Torre di Ligny e San Liberale. La chiesa dei corallari. E degli innamorati. Qui i trapanesi anticamente venivano a passare i giorni di festa facendo le mangiate all’aria aperta approfittando delle belle giornate di primavera. E con il sottofondo della risacca fioccavano gli amori e le promesse di matrimonio. E quelle fatte a ridosso delle mura di San Liberale sembra proprio che portassero bene. Secondo la tradizione, se ci si dichiarava da quelle parti allora entro l’anno si sarebbe convolato a nozze. Ma di questo mondo tra mare e scogli resta oggi la chiesa di San Liberale. Ma senza il suo campanile. E completamente spoglia all’esterno. Poco più in là c’è poi Torre di Ligny. Con le sue case che si affacciano sul mare dal mare che tanto ricordano una little Venice.  Come la little Venice di Mykonos. Lo scorcio è quasi identico. Ma la differenza del contesto è abissale.

A Mykonos, una delle isole greche più famose e visitate dai turisti, c’è infatti una parte del centro abitato con le case praticamente davanti al mare che assomiglia tantissimo a questa zona tra Torre di Ligny e la via Carolina. Quando ci sono stato mi è sembrato di vedere la “little Venice” trapanese. Solo che a Mykons, in quel punto, ci sono tantissimi locali, con tanti turisti ed un continuo via vai di gente. È tutto molto curato. Gli stessi mulini a vento sono ben tenuti. Sicuramente fanno una bella scenografia ma soprattutto non rischiano di crollare come per quelli trapanesi. E da quelle parti si sono inventati pure il brand dei tramonti più belli del Mediterraneo. Che in quell’isola, così turistica e movidara, ho visto più di una volta. E credetemi, come tramonti non abbiamo nulla da invidiare alle Cicladi. Tutt’altro. Noi abbiamo più prospettive e diversi posti molto suggestivi dove giocare tra riflessi e l’esplosione di colori al crepuscolo. A partire dalle saline. Con la sua Riserva ed i fenicotteri rosa. O le meravigliose “scenografie” con lo sfondo dell’arcipelago delle isole Egadi. Con il sole che nel suo “viaggio” tra un solstizio e l’altro si sposta da Levanzo a Favignana passando dietro Marettimo. Ed in base al posto cambia tutto. Che dire poi dei monumenti della città o degli stessi mulini (ciò che resta) che riempiono la scena dei “TrapaniSunset”. Come la Colombaia, il castello di mare all’imboccatura del porto. Che al tramonto si carica sempre di magia. Tutto l’anno. Ogni scorcio qui si colora di diverse tonalità, con le nuvole che passano dall’arancione al glicine in un batter di ciglia. Solo pochi istanti. E tutto cambia. A volte le nuvolette diventano veri e propri ponti nel cielo. Chissà dove porteranno mai…  

Insomma, abbiamo un altissimo potenziale di bellezza, con un al seguito tutto il bagaglio di storia, cultura e tradizione che sta a corredo dei nostri luoghi. Solo che a Mykonos hanno saputo valorizzare ciò che hanno. Creando una destinazione turistica con la “T” maiuscola. A Trapani invece di maiuscolo c’è la prima lettera del nome della città. Tutto il resto è al di sotto del minuscolo visto che qui si continua a gettare spazzatura dove capita prima. Anche a pochi metri dal mare. Deturpando tutto ed inquinando l’ambiente. La nostra più grande ricchezza. Accade così che di valorizzare veramente i nostri “tesori” come si dovrebbe non se ne parla proprio…Che peccato! Questo è davvero la terra delle occasioni perse. Quelle stesse opportunità che poi migliaia e migliaia di ragazzi vanno a cercare altrove. Dove invece sanno prendersi cura dei loro territori. Creando lavoro e sviluppo. Cosa che qui non si riesce a fare. Nonostante la grande abbondanza di materie prime. Quanto spreco. Un vero peccato! Un gran peccato…

Mario Torrente

 

La “little Venice” trapanese con Torre di Ligny

 

 

 

 

 

 

 

La “little Venice” di Mykonos