Sulla cresta di Monte Acci

Da mesi mi trovo a Roma per lavoro ma non rinuncio, per quanto possibile, alle attività programmate con il CAI di Erice e Agroericino; mi preoccupo per tempo di fare i biglietti aerei o anche bus per raggiungere Trapani. Così è stato anche per l’escursione a Monte Acci, una rincorsa tra metro, aereo, bus per rimanere appena tre notti e poi ripartire. Ma quanta “vita” c’è nel camminare tra montagna e mare lo si può capire solo camminando.

L’escursione di domenica, condotta dai soci Rocco Chinnici e Mauro Bannetta, ha lasciato emozioni indelebili in tutti i partecipanti: 21 soci e 11 simpatizzanti, compresi due ragazzini fantastici che hanno fatto da mascotte.

E’ stata una giornata baciata dal sole dove lo sguardo libero sobbalzava sui dolci rilievi tra la Riserva dello Zingaro e il promontorio di San Vito Lo Capo, tra pizzo Castelluzzo a ovest e pizzo Candela a est, fino a sprofondare nell’azzurro del mare. Un filo di nubi tagliava più in alto il cielo mentre il “battito” degli scarponi risuonava tra il manto erboso e le pietre curiose del monte. Dapprima saliamo un tratto di facile percorrenza su stradella fino ad arrivare a Portella Sauci, che ci invita a scalare la montagna verso la cresta… Acci[denti], [Mort]Acci … si scherza, ma si sale e si sale su terreno naturale fino ad arrivare su. Qui, alcuni si fermano scrutando a 360° il paesaggio: i rilievi di Erice, Monte Cofano, per scivolare verso Castelluzzo e Isulidda, quindi Monte Monaco e i rilievi della Riserva dello Zingaro … di una bellezza ineguagliabile. Alcuni di noi continuano a salire lungo la cresta per arrivare a 825 m: la quota massima. Lasciamo bastoncini, zaini e camminiamo tra rocce informi aiutandoci con le mani, sentiamo tutto il calore del sole e il soffiare del vento, superiamo più valichi per spingerci sempre più a est … i nostri occhi brillano e gioiscono alla vista del verde lussureggiante e dell’azzurro intenso al blu profondo della Riserva dello Zingaro. Ci stringiamo per una foto di gruppo e con un pizzico di tristezza ritorniamo indietro.

Si scende per il pranzo, ci ripariamo più in basso per consumare la nostra colazione, comprese le rimanenze dolciarie della sera precedente trascorsa in sede: strudel, crostate e …. Una delizia. Segue il momento delle letture delle nostre affezionate socie Susan Andrews e Vittoria Minunno. Susan si prodiga a leggere un testo di Pippo Baudo:

“La nostra terra ha subito tante devastazioni morali e materiali. Anche la natura qualche volta si è accanita contro la nostra terra attraverso i terremoti. Eppure, che cosa è rimasto intatto? È rimasta una bellezza infinita, unica al mondo. Basta girare la nostra Sicilia, le coste, l’interno della Sicilia, per scoprire una bellezza che i nostri avi, i nostri progenitori, ci hanno lasciato in eredità, sicuri forse, loro, che noi l’avremmo rispettata questa natura, l’avremmo esaltata…cosa che non abbiamo fatto. Questa terra, senza futuro, è morta, è finita, è scomparsa, e i giovani non troveranno niente, nient’altro che macerie e devastazioni. Amara terra mia, amara…e bella. Il Bello vincerà, sono sicuro. Il Bello trionferà”.

Mentre Vittoria recita il racconto “La donna scheletro” tratto dal saggio Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estés, sull’armonia del ritmo “vita-morte-vita”: un susseguirsi di morte e rinascita, dove l’una non può esserci senza l’altra.

Dopo la parentesi letteraria condividiamo ancora un caffè tra giochi di prestigio fatti dal nostro simpatizzante Giuseppe Nicosia. Ci salutiamo nell’attesa di rivederci domenica 24 febbraio a Monte Pispisa, Segesta. Già, molti amici non vedono l’ora di ritrovarsi in cammino. Sarà perché camminare come scrive Erling Kagge nel suo libro “Camminare. Un gesto sovversivo”, Einaudi 2018 … “Mi dà sempre una bella sensazione, di libertà”.

Angela Savalli