Il solstizio d’inverno dall’Occhio di Ra

L’emozione del tramonto nel giorno più corto dell’anno da un posto magico. Capace di rigenerare anima e corpo con la forza del respiro. E della bellezza del paesaggio circostante. Da qui, durante il tramonto del solstizio d’inverno, il sole, calando dietro l’isola di Favignana, si allinea perfettamente con un foro in una roccia arrivata ai giorno nostri da un lontano passato: l’hanno ribattezzata “Occhio di Ra”, il dio egizio del sole. Questa grande pietra, che sembra essere antica più di di quattro mila anni, si trova nel versate Nord Ovest della montagna di Erice, a poco circa trecento metri di altezza sul mare. Da questo promontorio poco sopra Martogna, chiamato “Castelaccio”, nella parte opposta di pizzo Argenteria con il suo santuario dedicato a Sant’Anna, si può ammirare un panorama mozzafiato sulla falce della città di Trapani ed il mare delle Egadi. Una vista che dalla Riserva delle Saline di Trapani e Paceco arriva fino al litorale di San Cusumano proiettandosi quindi verso Pizzolungo. Un punto sicuramente strategico per tenere sotto controllo il territorio e che nei secoli ha visto passare popoli ed eserciti, come probabilmente quello Romano durante la prima guerra punica dal 249 al 241 a.C.

Tra i tanti “segreti” conservati nei diversi versanti della montagna di Erice, con la sua storia ultra millenaria che affonda le radici negli Elimi, c’è questo masso rivolto verso Trapani con al centro un grande foro che ricorda molto un occhio. In particolar modo quelli delle raffigurazioni degli antichi egizi. Un occhio che nei giorni del solstizio d’inverno regala delle prospettive uniche sulla città falcata, con il sole che tramonta alle spalle dell’isola di Favignana, quasi in asse con il forte di Santa Caterina. Un allineamento unico che il 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno, con poco più di nove ore e mezza di luce, raggiunge il suo culmine. Dopodiché il sole riprenderà il suo viaggio al  contrario, spostandosi, al crepuscolo, sempre più verso Nord, in direzione di Levanzo e Capo Grosso. Scomparendo così dal “mirino” dell’Occhio di Ra, dove tornerà a dicembre nei giorni a cavallo del solstizio d’inverno. Nel frattempo le giornate si andranno allungando sempre più, l’astro aumenterà l’altezza della sua parabola nel cielo e verso giugno tornerà ad illuminare i pittogrammi preistorici della grotta di Polifemo, sempre lungo la montagna di Erice ma nel versante di Bonagia, dove durante l’autunno e l’inverno non si vede tramontare il sole, visto che cala più a Sud. Lasciando così in ombra tutto il lato settentrionale del Monte che fu della dea Venere. In estate i tramonti sono invece tutti sul mare antistante l’antica torre della Tonnara di Bonagia, regalando colori e riflessi a dir poco spettacolari. E l’appuntamento per il 21 di giugno, il solstizio d’estate, sarà proprio nella grotta di Polifemo dove, nel giorno più lungo dell’anno, gli ultimi raggi del sole al tramonto entrano fin dentro la caverna dove si trovano i pittogrammi disegnati circa cinque mila anni fa dai nostri antenati. Si vedono ancora chiaramente delle figure, in rosso ocra, che raffigurano un labirinto a sei volte ed una sagoma antropomorfa che forse rappresenterebbe la dea madre.

Insomma, ci sono dei punti che segnano il ciclo delle stagioni. Il che, anticamente, probabilmente regolava il lavoro nei campi e nelle comunità, scandendo i tempi della semina e del raccolto. E quelli per il culto delle divinità. Dei calendari di pietra in pratica, dove il viaggio del sole tra un solstizio e l’altro serviva proprio a capire il periodo dell’anno. E quindi come regolarsi per le attività che servivano a portare avanti le comunità a partire dal lavoro nei campi. Un po’ come per i megaliti di Stonehenge, famoso sito che si ipotizza potesse essere una sorta di antico osservatorio astronomico. Oggi tra le zone più conosciute del pianeta. E qualcosa di simile si può vedere anche dalle nostre parti. Nel territorio di Custonaci, a monte Sparagio, la cima più alta della provincia di Trapani con i suoi mille e cento metri di altezze, sono state infatti notate dei grossi massi che sanno tanto di monumenti astrali. Addirittura anche con un trilite posizionato, con tanto di architrave sulla sommità, come quelli di Stonehenge. E quest’anno, al crepuscolo, mentre il sole si allineava a Ponente con i tre grandi massi, dall’altro lato “inquadrava” una meravigliosa luna piena, fotografata da Memmo Gambina nell’immagine che vedete a sinistra. Sempre a monte Sparagio si trova infatti un monolite a forma di cavallo, ribattezzato “Pegaso”. Qui, per il solstizio d’inverno, il sole tramontando si allinea perfettamente tra le zampe del cavallo di pietra. Regalando davvero un effetto visivo molto particolare e suggestivo. Come avviene, sempre nel pomeriggio dl 21 dicembre, nell’Occhio di Ra. E bel tempo permettendo e senza troppe nuvole nel cielo e sulla linea dell’orizzonte, l’immagine che ne viene fuori ha qualcosa di surreale, con il sole che illumina questo foro diventando quasi la pupilla dell’Occhio di Ra.

Dopo essere stato notato dagli appassionati del trekking e studiato dagli esperti di archeoastronomia, da qualche anno sempre più persone si danno appuntamento il 21 dicembre al Castellaccio per assistere alla “magia” del tramonto del sole nel giorno più corto dell’anno nell’Occhio di Ra. Risalendo il promontorio del Castellaccio e ritrovandosi, in un’atmosfera mistica davanti a questa roccia forata. Un momento, di condivisione e contemplazione della grande bellezza di madre natura, organizzato da Oasi Zen con in testa Enrico Genovese e Vincenzo Todaro, tra i primi ad avere notato questo masso anni addietro. A fare da sottofondo alla cerimonia il suono delle campane tibetane che, con i colori del crepuscolo, hanno reso l’atmosfera ancora più carica di spiritualità.

L’allineamento dell’Occhio di Ra, secondo quanto sostenuto dagli studiosi e dagli esperti di archeoastronomia, ci porterebbe dunque indietro nell’età del Bronzo. Sembra infatti che i popoli precedenti agli Elimi utilizzassero anticamente queste pietre forate come dei veri e propri calendari solari per l’agricoltura, i rituali, e la vita della comunità. Ed ancora oggi, al tramonto del 21 dicembre, dal Castellaccio di Monte Erice si può assistere a questo particolare allineamento. Con le emozioni che davvero pervadono i sensi. Insomma, quel masso rappresenta una vera e propria capsula del tempo con millenni di storia che sono stati “osservati” da quell’occhio nella roccia. Vedendo, nei secoli, “crescere” Trapani, passando da città-castello circondata dal mare, con le sue mura e torri, a moderno centro urbano, con i palazzi arrivati fino alle pendici della montagna di Erice.

Tra l’altro questo “calendario di pietra” è stato il primo del suo genere ad essere rinvenuto nel territorio trapanese. Al momento dagli esperti di archeoastronomia in Sicilia ne sono state localizzate una trentina in tutta la regione. La peculiarità di queste pietre forata è quella di inquadrare, esattamente, il tramonto e l’alba dei solstizi. Si tratta quindi di strumenti astronomici per la stabilire i cicli annuali per la semina e raccolta, oltre che di culto. Oggi, nei tempi moderni del ventunesimo secolo, questi calendari i pietra sembrano volere dare altri messaggi, anche nell’ottica di un maggior rispetto dell’ambiente e degli equilibri della natura, come ricordato da Enrico Genovese, di Oasi Zen. Di seguito un suo testo in cui spiega il perché del solstizio d’inverno celebrato all’Occhio di Ra del Castellaccio.

La celebrazione del solstizio, cioè la ripresa dell’antico culto della luce solstiziale, vuole essere un messaggio di pace e di fratellanza universale, affinchè l’umanità possa riconciliarsi con la matrice naturale da cui ha tratto la proprie origini.
Il 21 dicembre al tramonto gli ultimi raggi del sole attraversano la roccia forata di contrada Castellaccio sul monte San Giuliano mentre l’astro lentamente va scomparendo dietro il fortilizio di Santa Caterina posto sulla sommità dell’omonimo colle nell’isola di Favignana.
Migliaia di anni fa, i nostri antenati preistorici tributavano al sole il culto della luce solstiziale, in coincidenza del passaggio della nostra stella madre per i punti culminanti sulla volta celeste.
La roccia forata di contrada Castellaccio, detta “Occhio di Ra”, costituisce verosimilmente (sono in corso studi in tal senso) un manufatto realizzato dagli uomini dell’Età del Bronzo (4000 anni fa circa), utilizzato dalle primitive comunità umane per scandire il calendario secondo intervalli ciclici ispirati ai ritmi naturali. Tale manufatto fa parte di un complesso di siti archeologici scoperti di recente in Sicilia (Custonaci, S. Giuseppe Iato, Corleone, Sciacca, Montalbano Elicona), caratterizzati da reperti di grande valore testimoniale risalenti all’affermarsi delle prime civiltà agricole nell’Isola.
All’alba del III millennio, drammaticamente segnato dal sistematico sfruttamento dell’ambiente naturale da parte dell’ economia capitalistica in grado di alterare irreversibilmente i delicati equilibri ecologici del pianeta, l’umanità sembra aver smarrito il proprio radicamento nella matrice naturale da cui trae le proprie origini. La Natura, ormai desacralizzata, ridotta a strumento, merce, mera “cosa” asservita a scopi di dominio, testimonia la disumanizzazione cui la specie Homo sta riducendo se stessa. (Enrico Genovese)

Le foto del solstizio d’inverno del 21 dicembre 2018 durante l’iniziativa di Oasi Zen

 

(testo e foto a cura di Mario Torrente. La foto del trilite con la luna piena nel mezzo è di Memmo Gambina)