Anagòghia, il volo delle colombe verso il mare

È un rito antichissimo, che affonda le sue radici ai tempi dei Cataginesi. Quando le terre della Sicilia occidentale erano più legate all’Africa che non all’Europa. Ed il “ponte” tra Drepanon e Cartagine passava dalle barche che, andando a vela e remi, attraversavano quel tratto di mar Mediterraneo in un giorno ed una notte di navigazione. Lo stesso viaggio fatto, due vole l’anno, dalle colombe: ad ottobre per andare a svernare in Nord Africa e ad aprile per tornare ad Erice, dove si trovava il tempio della dea dell’amore e della fecondità. Chiamata Astarte dai Fenici. Venere per i Romani. Venerata nella cima del Monte nel tempio allora famoso in tutto il Mediterraneo. Con le sue vestali, le jerodule, la sacerdotesse della dea. In questo volo sopra il blu del mare dalla Sicilia al Nord Africa c’era una sosta obbligata prima della traversata del Canale di Sicilia. L’isolotto della Colombaia, davanti il porto di Trapani. Il castello di mare, uno dei simboli della città, ha preso questo nome proprio per il flusso di colombe, un punto di passaggio prima di prendere il volo verso Cartagine in inverno. O tornare ad Erice con l’arrivo della bella stagione. Una spartiacque che segnava il passaggio da una stagione all’altra: dall’estate all’inverno e viceversa. Un momento “festeggiato” in due diversi riti: il 25 ottobre con l’Anagòghia, ovvero la partenza delle colombe dal Tempio di Venere verso Cartagine e quindi l’inizio dell’inverno; ed il loro ritorno ad Erice, il 23 aprile, con la Katagòghia.  Che segnava invece l’arrivo dell’estate. Le mezze stagioni non c’erano: né autunno, né primavera, termini che non compaiono nel dialettico, dove invece si parla solo di “mmernu” e “staciuni”, come si dice ancora oggi in dialetto. Ed in occasione della Katagòghia, ovvero il ritorno delle colombe dall’Africa, si teneva una grande fiera “franca”, ovvero senza tassazioni poi trasferita a valle e dal 1300 in poi fissata a ferragosto. Giorno dedicato ai festeggiamenti in onore della Madonna. Prima invece questa ricorrenza era legata alla dea Venere ed alle sue colombe che scandivano i ritmi delle stagioni. E quindi delle attività della comunità.

Queste feste univano idealmente le coste della Sicilia occidentale con quelle del Nord Africa. E, restando in zona, i due monumenti simbolo di Erice e Trapani: il Castello di Venere sulla cima del Monte, la Colombaia davanti la città falcata proiettata verso il mare delle Egadi. Un altro simbolico “ponte” che unica la montagna, e quindi la terra”, al mare. Insomma, l’Anagòghia e la Katagòghia erano dei momenti molto radicati e sentiti dalla popolazione, che rappresentavano una sorta di calendario legato alla religiosità ed ai culti dell’epoca, rimandando anche al bisogno di protezione e all’auspicio di avere buoni raccolti dalla terra o mare propizio per la navigazione. Attività che rappresentavano sopravvivenza. E quindi vita.

Il rito delle colombe, nonostante l’avvento del Cristianesimo che ha cancellato gli antichi culti pagani, non è stato dimenticato, tramandato nel grande bagaglio di conoscenza trasmesso nei libri di storia e dalla tradizione popolare. Tant’è che ancora oggi ad ottobre e ad aprile vengono rievocati i due appuntamenti un tempo tra i più importanti dell’anno visto che scandivano i ritmi della natura, l’alternarsi del freddo invernale e del caldo estivo. Del periodo con meno luce del sole e quello con le giornate più lunghe.  Un “passaggio” che veniva salutato con l’Anagòghia e la Katagoghia e che apriva o chiudeva una stagione per accoglierne un’altra. Tempio compreso. Sì, perchè il Tempio di Venere, che si trovava dove oggi sorge il Castello Normanno, chiudeva i battenti il 25 ottobre. Il portone del luogo di culto alla dea dell’amore e della fertilità veniva riaperto il 23 aprile con la Katagoghia. Per questi due momenti le sacerdotesse di Venere e gli addetti al tempio tenevano dei riti e delle feste, che ancora oggi vengono riproposti, in una suggestiva rievocazione davvero da vedere, su iniziative del professore Salvatore Corso, grande cultore e conoscitore della storia trapanese, ericina e dell’intero comprensorio,  oltre che dei suoi luoghi, i monumenti e tutta la galassia di sapere che orbita attorno a queste terre della Sicilia occidentale.

Il volo delle colombe, dunque, come simbolo di unione delle due sponde del Mediterraneo. Da Erice al Nord Africa, passando per l’antico castello di mare di Trapani, meglio conosciuto come “Colombaia”. Costruito dai Cartaginesi ai tempi delle guerre puniche. Si dice che la fortificazione venne eretta sull’isolotto antistante Drepanon per ordine del generale Amilcare Barca. Così come l’altra fortezza che per millenni ha presidiato Trapani, il Castello di terra, nella punta Nord Est della città falcata. E furono proprio i Carteginesi loro ad introdurre molti dei riti che hanno caratterizzato la montagna che fu di Venere. Con la sue sacerdotesse, le jerodule, che praticavano la prostituzione sacra. Con quella fuoco sacro sempre acceso dal tempio sulla vetta del monte che indicava la giusta rotta ai naviganti. Venere, del resto, oltre che la dea dell’amore e della fertilità, era anche la protettrice di chi andava per mare. Uomini che in epoca pagana risalivano la montagna per portare doni alla dea. E unirsi alla sue bellissime sacerdotesse. Riti che hanno resistito ben oltre l’avvento del Cristianesimo, sembrerebbe fino al 1500. Quando nelle terre dell’Agroericino arrivò dal mare, così vuole la leggenda, l’immagine della Madonna di Custonaci. Che conquistò il cuore delle genti del monte e della sua valle. Diventando la protettrice. Ed estirpando per sempre le ultime “sacche” di resistenza il culto pagano della dea. Insomma in quest’angolo della Sicilia occidentale c’è sempre stata una donna a vegliare e proteggere le popolazione del Monte e del suo comprensorio. Un’immagine di bellezza e amore  che ha sempre viaggiato sulle ali delle colombe. Simbolo di purezza, rettitudine e pace.

Mario Torrente