Da Marettimo ad Erice sui «passi» di Santu Patre

C’è un filo conduttore che lega Marettimo ad Erice. Un “ponte” religioso che dalla più lontana delle Egadi arriva al Monte che fu di Venere. Luoghi da incanto, trionfo di bellezza e meraviglia, accomunati anche da storie di Santi e Madonne. Da originario di Marettimo, “importato” per dalle parti di Erice, sono rimasto colpito dalla somiglianza delle due statue di San Francesco di Paola che ogni anno vengono portate in processione dalla grande la devozione delle rispettive comunità. Dalle mie parti, a Marettimo, l’immagine di Santu Patre, protettore della gente che va per mare, non può mancare sia nelle case che a bordo di navi e pescherecci. Sono cresciuto con questo profondo senso di fede, che pescatori e marittimi vivono tutto a modo loro, dove le santine di Santu Patre sanno di salsedine e degli “odori” di bordo. Dove i comandanti marettimari (tra questi mio padre) hanno navigato per i mari di tutto il mondo con l’immagine del Santo in plancia. A benedire e proteggere quegli equipaggi lontani da casa e sballottolati dalla furia delle onde. Per me Santu Patre era sempre stato mare. Navi. Marinai. Cime e prue. Pesci e reti. Poi, ad Erice, ho scoperto un altro lato di San Francesco di Paola, quello della vita dei campi. Del lavoro di chi coltiva la terra. Anche qui, come a mare, c’è fatica e sudore nella fronte. È stata una sorpresa vedere Santu Patre uscire in processione per le stradine acciottolate del borgo medievale della vetta. Ricorrenza molto sentita in tutto l’Agroericino, visto il Santo è anche protettore di chi lavora nei campi. Ed infatti ogni anno viene portato al Balio e nella croce vicino a porta Trapani in segno di benedizione delle terre della valle. E’ una processione molto suggestiva, come quella di Marettimo: qui però il Santo “esce” dalla chiesa di Maria Santissima delle Grazie nel pomeriggio del 19 marzo, in occasione della Festa di San Giuseppe, patrono dell’isola. Sicuramente la ricorrenza più importante per la comunità marettimara, che segna la fine dell’inverno e l’inizio della bella stagione. Le due immagini sacre percorrono le vie del paese, accompagnate da un lungo corteo di fedeli, fermandosi casa per casa.

Quando per la prima volta ho assistito ad Erice alla processione di Santu Patre (nella foto a sinistra un momento del  corteo religioso al Balio per la benedizione delle terre dell’Agroericino) ho notato una certa somiglianza con la statua marettimara. Ma non ho fatto comparazioni. In seguito, mettendo a paragone le foto, ho avuto la sensazioni di avere due immagini molti simili: stessa dimensione, analoghe tonalità cromatiche, in entrambi i casi con gli occhi rivolti verso l’alto, naso e barba con qualche fisiologica differenza, così come l’inclinazione della testa. A Marettimo il Santu Patre è meno addobbato rispetto a quello di Erice, quest’ultimo con il mantello rifinito con una raffinata decorazione. Ci sono poi tutti gli ex voto e antichi orologi messi nella parte anteriore. O altri dettagli che rimandano alle rispettive comunità che se ne sono presi cura nei decenni. Ma ciò che colpisce di più sono le mani, quasi identiche. Solo che ad Erice entrambe sono rivolte verso il petto tenendo il bastone, a Marettimo invece la mano destra tiene un pesce. A rimarcare, visto che siamo in un’isola, il legame con il mare. Stesso autore quindi? Non si sa. Forse. La statua egadina, restaurata di recente, a quanto pare sembra provenire proprio da Erice, dove sarebbe stata realizzata, si presume nel 1800. Ma non si sa ad opera di chi.  Autore ignoto insomma con un condizionale che porta però dalle parti del Monte. Di sicuro c’è che le due sculture si somigliano. E pure parecchio.

Del Santu Patre ericino si hanno invece più informazioni: secondo quanto riportato nel libro di Giuseppe Castronovo “Erice Sacra”, la scultura è stata realizzata dopo il 1816 dallo scultore Pollina, anno di fondazione della chiesa di San Francesco di Paola. Santu Patre potrebbe dunque essere stato portato a Marettimo dai preti che nel XIX secolo da Monte San Giuliano (Erice allora si chiamava così) vennero mandati dalla diocesi di Trapani nella più lontana delle Egadi, dove pian piano cominciava a prendere forma, dall’originario villaggio di pescatori, il paese. Oggi diventato un centro abitato caratterizzato dal bianco delle case incastonate nel verde della montagna. La chiesa, prima ospitata all’interno del Castello di Punta Troia, trovò poi sistemazione in un magazzino, dove successivamente venne costruito l’attuale edificio sacro. Ma c’è un altro filo conduttore che accomuna Erice a Marettimo. Una storia di fede che arriva direttamente dal mare di Custonaci, alle pendici di Monte Cofano, dove secondo la leggenda nella seconda metà del 1500 sarebbe arrivato, a bordo di un veliero scampato ad una terribile tempesta, il meraviglioso quadro della Madonna con in braccio il bambinello Gesù. Un’immagine subito entrata nel cuore delle popolazioni dell’Agroericino: la Madonna di Custonaci, patrona di Erice e delle terre che un tempo facevano parte del grande Comune di Monte San Giuliano. Il quadro oggi è custodito nel Santuario della città dei marmi. Una copia, dopo secoli di trasporti e spesso anche di litigi, si trova all’interno della Matrice di Erice, da dove ogni ultimo mercoledì di agosto esce in processione. Una terza immagine della Vergine, più piccolina e  diversa rispetto ai più rinomati quadri dell’Agroericino (nella foto a destra), si  può ammirare invece nell’altare principale della chiesa di Maria Santissima delle Grazie di Marettimo. Ed andando a spulciare l’archivio storico dell’associazione culturale “Marettimo” guidata da Vito Vaccaro, il custode della memoria e dell’identità della comunità marettimara, si scopre che la copia della Madonna di Custonaci, ritratta dall’artista ericino Pietro Croce nel 1851, arrivò nell’isola 17 luglio 1852 per iniziativa del cappellano del tempo, il sacerdote ericino Giuseppe Criscenti. Il quadro fu trasportato a Marettimo da dieci preti ericini, due canonici e due religiosi agostiniani di Trapani. La “vara” fu portata a spalla e portata nella chiesa , allora ancora un ampio magazzino, ed il quadro posto nell’altare principale. Da quel momento la comunità marettimara inizio ad essere devota alla Madonna di Custonaci, patrona di Erice e del suo Agro. Successivamente il magazzino venne trasformato in chiesa, ultimata il 7 dicembre 1887. Al suo interno, ancora oggi, vengono custodite le due icone sacre arrivate da Erice: la statua di Santu Patre e il quadro della Madonna di Custonaci. Dalle terre dell’Agroericino al mare delle Egadi. Con il filo conduttore della devozione e della fede. Che riesce ad abbracciare monti ed isole. Trovando il modo, a secoli di distanza, di riuscire a raccontare storie di Madonne e Santi che ancora oggi coinvolgono ed emozionano.

Mario Torrente

 

San Francesco di Paola a Marettimo

San Francesco di Paola ad Erice