Lo spirito dell’isola

Di Roberta Zaccarini. Appunti di Viaggio: Marettimo la scalata di Pizzo Falcone. “Camminare senza confini”

Svegliarsi all’alba e vedere il primo raggio di sole che illumina l’isola di Marettimo è un privilegio.
Non sento la stanchezza della breve notte mentre alle sette del mattino cammino per le strade vuote della piccola isola che fino a poche ore fa hanno visto isolani e turisti seguire la processione di San Giuseppe e “du Santo Patri” fino a notte fonda, una tradizione che si rinnova anno dopo anno. Godendo dell’aria pura e della luminosità dell’isola arrivo In piazza al raduno del CAI sottosezione di Erice e Comuni dell’agro ericino di Petralia Sottana per la tanto attesa  escursione a Pizzo Falcone! 
Ci incamminiamo  per il paese addormentato guidati da Vito Vaccaro e già alle otto e mezza siamo alla chiesetta Bizantina su alle “Case Romane”  ad ammirare un panorama in controluce che all’orizzonte ci rivela le altre due isole dell’arcipelago: Levanzo e Favignana, addormentate nella bruma del mattino. E da qui è tutto un susseguirsi di paesaggi incantati, prima uno stretto viottolo tra timo selvatico, rosmarino, ed Artemisia che ci accolgono con i loro profumi  verdi, non ancora intensi come d’estate, quando il sole cocente li rende penetranti, poi  tra racconti storici, rievocazioni Omeriche e storie più recenti di emigrazione dei marettimari a Monterey e in Alaska dove con le loro conoscenze sulla pesca hanno avviato una fiorente tradizione di pesca al salmone,  giungiamo tra un’improvvisa nebbiolina sotto Pizzo Falcone.  Un gruppetto di temerari sfida il vento gelido, che come in una visione sorvola le nostre teste come se lo potessimo toccare, e si inerpica dove il sentiero non c’è più per scalare gli ultimi 50 metri scortato da due cani liberi e temerari che si sono presi cura di noi fin dal paese. Io ne faccio la metà assaporo l’ebrezza della salita ma poi preferisco sedermi in un punto al riparo e godere di questo istante di solitudine a 650  metri!
Ecco come tutte le cose desiderate si è giunti…… ma che meraviglia scoprire che la discesa in direzione del castello di Punta troia ci avrebbe dato emozioni inenarrabili.
Su una dorsale di colline che sembra un immaginifico drago addormentato con davanti il bianco “Castello di Punta Troia” , posato come un gioiello sul mare, schediamo per un viottolo tagliato nella roccia dolomitica in un canalone tra un verde dalle mille sfumature indimenticabili. Il gruppo sembra snodarsi in un lungo serpente colorato come un arcobaleno tra il paesaggio di roccia e verde. Siamo incantati, inebriati, stupiti di tanta bellezza.
Si sentono le onde del mare e il suo profumo ci arriva inconfondibile portato dal vento che a tratti e forte e ci sferza, ma tutto è talmente bello che neanche ce ne curiamo. Siamo sul Castello il sentiero è addossato alla montagna sospeso sul mare,  cammino in direzione del paese ma senza fretta adesso. Sono dietro al gruppo, un po’ indietro non per la stanchezza ma per assaporare l’ultimo tratto metro dopo metro, in questo momento  senza vento e senza tempo.
Scatto le foto per catturare il ricordo di tanta bellezza ma già so che nessuna foto può avere in se quello che vedo, lo spazio infinito che ci circonda e noi attaccati alla parete di questo piccolo lembo di terra respiriamo l’infinito che ci circonda.
Prima del paese la sorgente di acqua saluta il nostro passaggio con la sua freschezza e il suo potere dissetante ci lascia il sapore di un tempo passato, di una terra ancora incontaminata e ancora selvaggia dove l’uomo vive in armonia con la natura.
Un’ultima sosta sull’ultima ansa del sentiero per respirare l’aria pura e ringraziare lo “Spirito dell’isola” per averci dato il privilegio di accompagnarci in questo viaggio.

 

Roberta Zaccarini