Erice e la magia delle mura ciclopiche vestite di bianco

Il fascino di Erice imbiancata non ha paragoni! La neve cade in tante altre parti dal mondo, ma qui ha una magia tutta sua, con quella nebbiolina che sale dal mare a settecento metri di altezza, ricordandoci che Venere si aggira sempre da queste parti. La leggenda vuole che la dea dell’amore e della bellezza sia nata dal mare, ma che qui abbia preso “casa”. Nel tempio che per secoli ha segnato la rotta agli uomini in navigazione nel Mediterraneo e con le jerodule pronte ad accoglierli amorevolmente tra le sue possenti mura.

Il bianco delle colombe care alla dea ogni tanto torna dalle parti del Monte. Ma prendendo la soffice forma della neve. Il più delle volte con quei fiocchi che qui chiamano “cuscuseddu”, portato quasi sempre dal gelido vento di Grecale, che una volta finito sul caratteristico basolato avvolge in un morbido tappeto l’incantevole borgo medievale. Rendendolo ancora più suggestivo. Un’emozione che si rinnova passo dopo passo sul selciato delle tipiche viuzze del centro storico. Dove il tempo sembra davvero essersi fermato. E non è tanto per dire. Quando si arriva ad Erice si rimane avvolti da una strana atmosfera che sembra catapultare i visitatori indietro in chissà quali epoche. Quasi fosse una capsula del tempo. Che a volte si veste di bianco. Per andare a nozze con la bellezza.

Uno spettacolo che diventa ancora più particolare per tutti gli amanti del trekking lungo il sentiero delle mura elimo-puniche. Uno dei monumenti più antichi della Siiclia, tra torrioni, portielle e le lettere puniche. Che ci raccontano una storia antica più di due mila e cinquecento anni. Entrando nell’antico bosco che circonda il versante Nord Ovest del Monte si può percorrere un itinerario lungo poco più di un chilometro. Inizia nei pressi nella Matrice di Erice, nei pressi di porta Trapani, per costeggiare la cinta muraria e passare dagli altre vie di accesso di Erice: porta Carmine  e porta Spada. La quarta porta, di cui resta solo la base, è quella che si affaccia sull’Agroericino, lungo la mulattiera che collegava il capoluogo dell’allora Comune di San Giuliano con la valle: porta Castellammare. Il punto più estremo che segnava il confine di una dei comuni più grandi della Sicilia. Il secondo per dimensione dopo Monreale. L’itinerario, mappato dal Cai come sentiero “602”, è davvero molto affascinante e decisamente stimolante per gli escursionisti: permette di sviluppare un percorso ad anello lungo circa 6 chilometri che dai Runzi risale o vero la Torretta Pepoli o direttamente a Porta Trapani. O di risalire, dal versante che guarda su San Matteo e Bonagia, per Porta Spada dal sentiero delle Tre chiese. Praticamente un mondo da esplorare a 360 gradi con lo zaino in spalla ed i bastoncini ai polsi. E che, in base ai periodi dell’anno ed alle giornate, può regalare una vera e propria esplosione di colori con panorami mozzafiato da un lato sul golfo di Bonagia e Monte Cofano, dall’altro sulla falce di Trapani ed il mare delle isole Egadi. Nel mezzo c’è la valle dell’Agroericino, chiusa a levante dall’imponenza di Monte Sparagio, la cima più alta della provincia di Trapani con i suoi 1100 metri di altezza. Dall’altro lato l’hinterland si proietta verso le zone di Marsala ed il Belice, dove ci sono altre montagne pronte ad accogliere gli escursionisti: Montagna Grande e Monte Polizo. Andando verso Est, tra le tappe da fare assolutamente ci sono Monte Inici, Pizzo Merio con il bosco di Lisciandrini ed il Vallone delle Orghe nere. Ed ancora Monte Bonifato nel territorio di Alcamo e, dalle parti di Calatafimi, Monte Pispisa, il Vallone della Fusa e Monte Barbaro con il tempio di Segesta e l’area archeologica. Quest’ultima località di origine Elima esattamente come Erice.

Ci sono varie ipotesi sull’origine di questo popolo, che probabilmente proveniva dall’Egeo. Dalle parti di Troia e dintorni. Ed ancora oggi le grandi e possenti mura del centro storico ericino ci riportano indietro nel tempo. Di oltre due mila e cinquecento anni. All’arrivo degli Elimi nelle coste della Sicilia occidentale. Le mura elimo-puniche ci ricordano i popoli che hanno realizzato le prime fortificazioni per difendere Erice dai nemici, chiamando in causa Elimi e Cartaginesi. In realtà nelle “fondamenta” di questa possente opera, che sta in piedi da più venticinque secoli, resistendo praticamente a tutto, vengono chiamati in causa anche i Ciclopi. Che, da quanto si legge nei libri sulla storia della Sicilia, furono, assieme ai Sicani, i primi abitatori della Sicilia: erano pastori, con due occhi (e non uno come spesso vengono raffigurati a partire dal più famoso dei Ciclopi, il Polifemo dell’Odissea) ma sembrerebbe piuttosto alti e robusti. Tanto da potere sollevare i blocchi megalitici che formano la cinta muraria ericina. E più si scende giù verso la base e le fondamento, più questi massi sono grossi. Tant’è che vengono chiamate pure mura ciclopiche. Secondo uno dei tanti miti ericini, questi massi megalitici sarebbero stati messi lì, dove li vediamo ancora oggi, proprio dai Ciclopi. Questi pastori-giganti con tanta di quella forza da potere fare sforzi sovraumani. Effettivamente a guardare questi grandi macigni di pietra viene spontaneo chiedersi come abbiamo fatto gli uomini di allora a sollevare e posizionare pesi del genere. Allora non c’erano le gru e le tecnologie che abbiamo oggi. Mistero! Uno dei tanti, tra storie e leggende, che aleggiano lungo la mitica cinta muraria che da porta Trapani arriva dalle parti del Quartiere Spagnolo.

Un sentiero bellissimo da fare a piedi che, come già detto in precedenza, introduce ad altri itinerari, non molto impegnativi. Alla portata di tutti. Meglio se con un po’ di allenamento alle gambe per affrontare le fisiologiche salite di una montagna. Come ovvio, sempre con gli scarponcini da trekking ai piedi. Zaino in spalla ed i bastoncini ai polsi. Il resto lo fa Erice, mai avara nel regalare bellezza e paesaggi autenticamente mozzafiato. Tra cielo e mare. Tra mito e leggenda. Tra storia e natura. Così si passa dalle giornate di sole senza una sola nuvola nel cielo, alla nebbia che avvolge la vetta del Monte. Che per secoli venne chiamato di San Giuliano. In onore del Santo, a cui fu dedicata anche una delle chiese più grandi ed importanti di Erice, che si dice appari, con un mantello rosso su un cavallo bianco, brandendo una spada sulla mano destra ed un falcone su quella sinistra, durante la battagli tra le truppe normanne del Gran Conte Ruggero ed i musulmani che occupavano Erice. Allora chiamata Gebel Hamed. Siamo attorno al 1077. Gli arabi furono cacciati da Erice. E San Giuliano, detto il “liberatore”, divenne il protettore della città. E da allora di storia ne è continuata a passare dalle parti della montagna che fu della dea Venere. Oggi devota alla Madonna di Custonaci, patrona di Erice e di tutto l’Agroericino. Qui c’è sempre stata una donna a proteggere questa Montagna e la sua valle. Dove da sempre regna bellezza e meraviglia. Fertilità e amore. E quindi vita. I doni che solo le donne sanno portare in dote. E nel loro grembo.

Ma ero partito dal parlarvi della neve ad Erice e dalla bellezza del sentieri delle mura imbiancate. Elimo-puniche o ciclopiche. Chiamatele come meglio vi garba. Mi sono pero dilungato un “pochetto” iniziando a parlare di altro. È così quando ci si fa prendere dalle emozioni. E dalla voglia di raccontare una bellezza senza confini. Con il risultato che le parole sfuggono di mano. E vanno dritto per la loro strada.

O per un piccolo sentiero che costeggia millenni di storia. Che in queste ore si è ritrovato ricoperto di bianco. Avvolto nella neve. Nei silenzi che qui regnano sovrano. Lontano dal brusio delle città. Regalando l’ennesima meraviglia targata Erice.  Passeggiare da quelle parti già di suo è uno spettacolo. Ma con neve diventa decisamente ancora più suggestivo! E poi questa nebbiolina che avvolge tutto rende la “scaminata” ancora più magica: arrivanti a porta Spada le leggende si intrecciano con le storie di diavoli e santi. E di certe inquietanti orme lasciate imprese sulle mura fatte dai Ciclopi. Dalle parti del Quartiere Spagnolo si narra poi di un certo “berretta rossa”… Ma siccome mi sono dilungato un po’ troppo, questa ed altre storie ve le racconterò in un altro post…sempre se vi va…

Mario Torrente

 

 

Foto di Mario Torrente. Le immagini pubblicate in questo post sono stata scattate ad Erice nelle nevicate del 4 gennaio e del 23 febbraio 2019. Di sotto il video girato per le strade del borgo medievale durante la nevicata del 23 febbraio.