La grotta degli «innamorati»

Anche Bonagia ha la sua grotta degli “innamorati”. Si trova proprio sotto le curve del nono chilometro, nel tratto della strada provinciale che collega Trapani con San Vito lo Capo, poco dopo Pizzolungo. Siamo alle pendici della montagna di Erice, in una zona piena di caverne, alcune abitate fin dalla preistoria, come la grotta di Polifemo, a poco più di cinquanta metri dal livello del mare, con suoi antichissimi pittogrammi, una forma antropomorfa ed il labirinto a sei volte che potrebbe essere collegato ai cicli dei sole e all’alternasi delle stagioni nel corso dell’anno. Tant’è che per il solstizio d’estate si può assistere ad un suggestivo allineamento tra il sole che tramonta ed i pittogrammi dentro la grotta di Polifemo. E scendendo lungo la costa, quasi nascoste nella scogliera, ci si può avventurare in diverse cavità. Il modo migliore per scoprire questo tratto di litorale è fare un giro in canoa partendo da porticciolo di Bonagia, con la sua maestosa Torre ed il borgo che per secoli ha ospitato una delle più importanti tonnare del Trapanese. La baia della località balenare, tra il territorio di Valderice e quello di Erice, si presta particolarmente al kayak, anche grazie al ridosso offerto dal golfo e dalle numerose secche che “rompono” le onde del mare. Uno dei momenti più suggestive per accarezzare le onde del mare in canoa è al tramonto, quando il sole cala regalando un gioco di colori, sfumature e riflessi sul mare ogni giorno diverso. Uno spettacolo che regala scatti di una bellezza spiazzante.

Pagaiando pagaiando si supera contrada Crocifissello, con i resti della cappella attorno alla quale anticamente sorgeva il primo nucleo abitato, tra le caverne della montagna ed il porto alto, proprio di fronte alla Tonnara, che un tempo era un luogo di approdo sicuro per le navi, dove trovare ridosso per dare fondo alle ancore. Chissà quanti genti sono arrivate in Sicilia proprio da queste “porta” tra mare e montagna. Forse anche gli elimi, il popolo che nella vetta del monte ha eretto le leggendarie mura ciclopiche. Dirigendosi verso il golfetto di contrada Emiliana, con il suo caratteristico scoglio a forma di fungo, ci si può addentrare in un suggestivo punto tra gli scogli. Un piccola piscina, con basso fondale ed una insenatura che nasconde una cavità avvolta nell’oscurità. Siamo davvero a poca distanza dal centro abitato, ma l’impressione è di trovarsi in un luogo senza tempo, avvolto da una strana atmosfera, con il silenzio rotto solo dal mare che qui sembra sempre accarezzare la costa. In questo angolo di costa la montagna di Erice, che per secoli fu della dea Venere e delle sue sacerdotesse, la ierodule, si tuffa nelle acque del Tirreno. E la nebbia che puntualmente avvolge la vetta del Monte sale proprio da questo tratto di mare. Del resto, la leggenda narra che la dea dell’amore sia nata proprio dalla spuma delle onde. E navigando un po’ con la fantasia mi piace legare questa piccola “vasca” tra gli scogli con i miti della dea dell’amore. Chissà, magari un tempo Venere faceva il bagno proprio in questa piscina per poi tornare su, nel suo tempio che dominava la piana di Trapani indicando la giusta rotta ai marinai in navigazione nel Canale di Sicilia con il fuoco sacro che stava acceso durante la notte.

E dopo essere passati dalla “piscina di Venere”, dopo qualche altra pagaiata si arriva alle grotte che si trovano proprio dotto le curve del nono chilometro. Pochi metri sotto l’asfalto della strada collega Trapani a Bonagia si trovano autentici gioielli che tanto ricordano le ben più note grotte dell’arcipelago delle Egadi. Quella più sotto costa non è molto grande ma ricorda la grotta degli innamorati di Marettimo, con il suo cunicolo che termina in una spiaggetta tanto soffice da ricordare il talamo nuziale. Anche a Bonagia, in una mare chiaro e cristallino, addentrandosi in questa cavità si arriva in una piccola spiaggetta dove trovare un po’ di frescura durante le giornate di caldo estivo. Qui dentro le pareti ed il soffitto ricordano tanto la rocca ericina dove si trova il Castello di Venere, con la pietra della montagna che sembra essere stata posizionata a strati. Un effetto della roccia che si nota anche, in obliquo, dentro la “grotta degli innamorati” di Bonagia, praticamente facilmente accessibile a tutti, o a nuoto o in canoa. Ed una volta dentro si resta basiti dall’odore del mare che qui dentro sembra prendere delle essenze davvero inebrianti, con il sottofondo della risacca che accompagna i visitatori alla scoperta di questo piccolo angolo di pace nella costa ericina.

A pochi metri di distanza c’è un’altra grotta, più grande, contraddistinta da due ingressi sul lato ovest da dove è possibile entrare in canoa, passando da una camera all’altra. In realtà gli ingressi sono tre: si può anche entrare, o uscire, dal golfetto di contrada Emiliana,  ma solo a nuoto, visto che bisogna addentrarsi in un piccolo cunicolo. Ma non c’è bisogno di immergersi ed in base alla marea il piccolo ingresso è più o meno visibile. Si può anche scendere via terra, da una un grande fessura che illumina questo tratto di grotta, le cui forme stuzzicano davvero la fantasia. Entrando, ad esempio, in fondo alla prima camera si vede chiaramente una forma che tanto ricorda il volto di un uomo, dove si distinguono chiaramente il naso, con gli occhi ed i capelli. E se i colori del grande scoglio ricordano la treccia di una sirena, in fondo, nel basso soffitto che separa una camera dall’altra, emerge tra le onde uno scoglio dalla inquietante sagoma che sembra il dorso di un coccodrillo, che emerge per poi scomparire in base alla marea ed alla risacca. Ma sempre nello stesso punto. E per passare da una camera all’altra, anche con la canoa posizionandosi con la prua verso l’esterno e poi aiutandosi con la pagaia e le mani per accedere nell’altro lato, bisogna quasi sfiorare il “coccodrillo”. Meglio non pensarci. A volte il gioco di fantasia può giocare strani scherzi…

Mario Torrente

(foto di Goffredo Adragna e Biagio Cassisa)