Allineamenti solari

Già di suo il posto è di quelli particolari che trasmettono una forte energia ed un suggestivo senso di avvolgimento. Di distacco dalla realtà. Ogni pietra, da queste parti. pulsa di spiritualità, così come le pareti di queste caverne senza tempo che si affacciano sul mar Tirreno lungo il versante Nord Ovest della montagna di Erice: la più grande è chiamata Emiliana, l’altra, di dimensioni più ridotte, è invece la grotta di Polifemo, dove ancora “resistono” dei antichissimi pittogrammi  che risalgono a ben cinque mila anni fa. Le due immagini impresse nella roccia raffigurano un labirinto a sei volte ed una figura antropomorfa che forse rappresenterebbe la dea madre. Ma la loro “magia” sta, oltre che nel fascino di questo posto dalla forte”carica” spirituale, dal particolare allineamento che avviene nei giorni del solstizio d’estate, quando il fascio di luce degli ultimi minuti del giorno illumina la cavità interna della grotta di Polifemo. Segnando uno spartiacque tra un periodo e l’altro dell’anno. Una sorta di calendario di pietra, insomma, come quelli che sono stati scoperti di recente. Qualcuno sempre della montagna di Erice, a “Castidrazzo”, dove, a poco più di 300 metri di altezza, si trova l’Occhio di Ra, con il suo allineamento con il tramonto del giorno più corto dell’altro; un altro nel vicino monte Sparagio dove, sempre per il solstizio d’inverno, l’appuntamento è con il Cavallo del sole, con l’astro che tramonta tra le zampe di “pegaso”. Ogni periodo dell’anno ha insomma il suo posto con un tramonto da vedere e raccontare. Che rimanda a millenni di storia ed a ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato per i monti del Trapanese. E chissà quanti altri messaggi provenienti dal passato attendono di essere svelati.

La scoperta di un territorio, del resto, passa per l’esplorazione dei suoi angoli che possono regalare un’esperienza emozionale. Come nella grotta di Polifemo dove il tempo, con il suo gioco di luci ed ombre che regala uno strano senso di mistero, sembra essersi fermato per davvero. Qui dentro la sensazione latente è di ritrovarsi in un’altra dimensione, quasi in una capsula del passato proveniente da chissà quale epoca. Eppure siamo ad appena una cinquantina metri dal livello del mare, sopra le case di contrada Emiliana, poco prima del centro abitato di Bonagia. Praticamente a pochi minuti dalla strada che porta a Trapani, lungo il versante Nord Ovest della montagna di Erice, che da qui arriva fino alle acque del mar Mediterraneo. E chissà, forse sono proprio sbarcati lungo queste coste gli uomini e le donne che, millenni e millenni addietro, hanno piantano il seme di antiche civiltà in questo angolo di Sicilia, vocato da sempre alla bellezza, alla fertilità ed alla fecondità. Con quella figura femminile che ha sempre regnato da queste: Venere ai tempi dei Romani, la Tanit punica, l’Astarte dei Fenici. Ancora prima, probabilmente la Grande Dea Madre che forse veniva venerata proprio in questa grotta ad un tiro di schioppo dal porto di Bonagia, dove, chissà, potrebbe essere sbarcato Enea per seppellire il padre Anchise. Teorie ed ipotesi riprese negli anni dagli studiosi e che si intrecciano con le tante leggende che aleggiano attorno a questa montagna incantata. Dove storia e mito si intrecciano diventando un tutt’uno con il fascino di questi luoghi senza tempo. Diventando la magia di Erice e del suo Monte avvolto dalla nebbia con quell’alone di mistero. Proiettato da un lato verso l’Africa. Dall’altro guardando all’Europa. Del resto questo estremo lembo delle terre di Sicilia da sempre è crocevia di popoli. Luogo di incontro e di passaggio. Che continua ad essere ponte tra i popoli del Mediterraneo

L’uomo in queste terre di mare e di montagna, del resto, è presente da millenni. Come testimoniato, del resto, le mura ciclopiche di Erice, tra i monumenti più antichi della Sicilia, risalenti al sesto, forse settimo secolo avanti Cristo. Più di due mila e cinquecento anni di storia custoditi in quei blocchi megalitici  che ancora oggi segnano l’ingresso nel centro abitato della vetta. Con le sue tre porte che guardano tutte verso il tramonto del sole. Sarà un caso, forse no. Ognuna è allineata con i momenti più importanti del ciclo solare: porta Spada con il solstizio d’estate, porta Carmine con gli equinozi di primavera e d’autunno, porta Trapani con il solstizio d’inverno. Il viaggio dell’astro, del resto, da sempre scandisce l’inizio e la fine delle stagioni e quindi il corso del tempo. Della rinascita della natura così come i periodi dell’anno con meno luce, i mesi invernali, segnati dal freddo e dalla parabola più corta del sole nel cielo, per poi passare ad un nuovo “inizio” che porterà al “risveglio”, con l’allungamento delle giornate, l’arrivo del tepore primaverile, con i suoi colori che annunciano i raccolti, e quindi il caldo estivo che introdurrà all’autunno. Ed infine all’inverno. Per poi ripartire con un nuovo “giro” di luce. Praticamente il ciclo delle stagioni e quindi della vita, con le diverse altezze del sole, durante i sei mesi che separano un solstizio dell’altro, che forse sono state raffigurate nel “labirinto” che ancora ogni si può vedere all’interno della grotta di Polifemo, il pittogramma in ocra rossa datato attorno al tre mila avanti Cristo, che nei giorni del solstizio d’estate viene illuminato da sole. Solo in questo periodo dell’anno l’astro, tramontando, riesce a superare la montagna e lo sperone che separa la zona di Pizzolungo da quella di Bonagia, “calando” sul mare e riuscendo cosi ad illuminare, con i suoi raggi, la parete dove sono impressi gli antichissimi pittogrammi con i loro cinque mila anni di storia: il labirinto a sei volte ed una figura antropoforma, che secondi gli studiosi potrebbe raffigurare la dea madre.
Un allineamento particolare, dunque, tra il sole che tramonta nei giorni del solstizio d’estate e questi antichissimi pittogrammi con alle spalle cinque mila anni di storia. Che ancora oggi, quando vengono illuminati dagli ultimi raggi del sole, regalano forti emozioni in uno spettacolo di luce e colori tra mare e montagna. L’astro, calando, sembra quasi sfiorare lo sperone roccioso che divide il versante di Pizzolungo da quello di Bonagia per poi “immergersi” in mare regalando un autentico trionfo con le più svariare tonalità, che nelle giornate di bel tempo vanno dal blu al glicine passano per una miriade di sfumature tra rocco ed arancione.

Mario Torrente

 

 

 

(foto Mario Torrente)