Trapani, la chiave del regno

Il Bastione Imperiale, anche detto di Sant’Anna. Siamo sul versante Nord di Trapani, nella parte del centro storico che si affaccia sul mar Tirreno. Ad osservarlo da vicino, proprio sotto l’imponente angolo che guarda a Nord-Ovest, sembra quasi la prua di una nave, pronta a “rompere” le onde del mare. Del resto, da queste parti, tutto è mare. Ogni cosa richiama barche di ogni genere e dimensione. Storie con protagonisti marinai, pescatori e quelle onde da vincere a costo della vita. E queste mura, così antiche, sono imperniate di salsedine fino alle fondamenta.  Il Bastione Imperiale è una delle poche testimonianze di ciò che resta dell’antica cinta muraria. Da qui, un tempo, iniziava Trapani. O forse finiva. Dipende sempre dai punti di vista. L’atavico dilemma di questa città. Punto di inizio o di fine?!? Carlo V, re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero, a riguardo non ebbe dubbi definendo Trapani “la chiave del regno”. Quindi una porta di ingresso. Ai giorni nostri, però, continuiamo ad avere le idee confuse. Forse un po’ di storia potrebbe aiutare a riacquistare l’identità perduta della antica Drepana. Le cui origini affondano le radici nel mito, da Saturno a Cerere abbracciando intere epoche per arrivare fino ai giorni nostri con un patrimonio di memoria da fare invidia. Eppure, in questi tempi moderni del “punto zero”, sempre meno sentito come “proprio” da parte di chi, invece, dovrebbe portare avanti il vessillo della “trapanesità”.

Trapani per secoli è stati circondata da imponenti mura e presidiata dai suoi castelli e bastioni. Il più antico è sicuramente la Colombaia,  che risale ai cartaginesi, ed il Castello di Terra,  nel versante Nord-Est, nel suo insediamento originario datato al III secolo a.C. per iniziativa del generale cartaginese Amilcare Barca. Dell’antico forte restano solo dei ruderi dietro la Questura. La Colombaia è invece arrivata integra ai giorni nostri, ma tutt’oggi resta in condizioni di degrado, nella speranza che prima o poi si proceda al suo restauro. Il lato di levante della Trapani antica era separato dalla terra ferma da un canale che collegava il mare di Mezzogiorno a quello di Tramontana. Si entrava in città attraverso un pone Levatoio che la sera veniva alzato, con tutte le porte chiuse ed i soldati che presidiavano le mura. In questo lato delle fortificazioni c’era pure un rivellino. Arrivando a Sud, l’altro angolo opposto al Castello di Terra era chiuso dal Bastione dell’Impossibile, detto anche del “Cavaliere” costruito tra il 1554 ed il 1560. Questa parte delle mura è una delle poche che ancora si possono ammirare e si affaccia sul porto di Trapani. Purtroppo anche questo monumento è lasciato in condizioni di abbandono, per di più ripetutamente vandalizzato dopo i lavori di recuperi fatti anni fa. Non resta invece più nulla della cinta muraria del lato Sud, così come delle porte. Qui un tempo c’erano il forte di San Francesco, di Sant’Andrea (o del Gatto), il Bastione Dogana o del Comune ed il Baluardo San Giacomo. Ad Ovest, nel versante che guarda verso Torre di Ligny, si trovava il Bastione San Vito, vicino la porta Eustachia, nei pressi del convento dei Cappuccini, l’attuale “Principe di Napoli”. A Nord i Bastioni erano invece due: quello Imperiale, o di Sant’Anna, ed il Bastione Conca, entrambi arrivati ai giorni nostri. Due monumenti che rappresentano in tutto e per tutto due “capsule” del tempo che raccontano secoli di storia. Ciò che rimane della imponente cinta muraria. E quindi della Trapani di un tempo.

Il Bastione di Sant’Anna è quello che si affaccia su viale delle Sirene e Torre di Ligny. Una delle zone più affascinanti della città, che si proietta nel blu del mar Tirreno. Fu proprio Carlo V a volere la costruzione di questo bastione nell’ambito di un progetto di potenziamento delle fortificazioni della città. Nei tempi in cui rivestiva un ruolo strategico, sia da un punto di vista commerciale che militare. Al punto di essere una piazza d’armi. Una “città castello”, completamente circondata dal mare e collegata a Levante dalla terra ferma da un ponte levatoio che permetteva di superare il canale che collegava le due baie che danno al capoluogo la tradizionale forma di falce: da un lato il versante di Mezzogiorno, dove oggi c’è il porto e della zona dei cantieri, dall’altro quello settentrionale, più esposto alle mareggiate che ancora oggi continuano a “frustare”, quando soffia forte la Tramontana o il Maestrale, la scogliera dove si ergono maestose i resti delle antiche mura. Che, dopo secoli, stanno ancora lì a presidio della città. Un tempo a difesa dagli attacchi dei nemici. Oggi, simbolicamente, dalla furia delle onde. Quelle onde che un tempo sembravano quasi “divorare” il quadrato di terra dove sorgeva il centro abitato, lungo circa 700 piedi, largo non più di 300, completamente circondato dal mare, da scogli ed isolotti. Tanto che nel 1184 il geografo arabo Ibn Giubayr la descrisse come un  città talmente circondata dal mare che sembra “inghiottirla”. Dove gli stessi abitanti pensano “che il mare la occuperà”.

Una piccola Venezia, insomma, con le imbarcazioni che navigavano nei canali, tra saline, mulini e passando da un isolotto all’altro, come il Ronciglio, davanti il porto, con la sua spiaggia rivolta verso le Egadi. O come le isole della Colombaia, con il suo antichissimo Castello di mare, e di Sant’Antonio, dove oggi si trova il Lazzaretto. Ma Trapani, nel corso dei secoli, ha  vinto la sua sfida con il mare. La città prima si è allargata verso Ponente e riempimento dopo riempimento ha conquistato sempre più spazio prendendo la sua forma moderna. A Levante il centro urbano è arrivato invece fino alle pendici della montagna di Erice. Cancellando saline, paludi, acquitrini, il lago Cepeo e le grandi spiagge piene di dune e palme che si addentravano quasi a sfiorare il Monte.  Di quella Trapani antica, che doveva essere uno splendore, resta ben poco. Quasi nulla. Il Lazzaretto è diventato un tutt’uno con la terra ferma. Come l’ex convento dei Cappuccini. Dove c’erano gli scogli sono stati costruiti palazzi, case, chiese, come la Cattedrale di San Lorenzo e via via sempre più edifici moderni. Sono state abbattute le mura e la città, da dopo l’unità d’Italia non più piazza d’armi, si è aperta all’esterno.

Solo la Colombaia è rimasta isola. Ed il vicino scoglio Palumbo dove si trova il faro di Trapani. Per la verità anche il Ronciglio è separata alla città da un canale. A fare da cordone ombelicale un piccolo ponticello che porta dalle zona industriale alle banchine dove ormeggiano traghetti e navi da carico. E qualche canale ancora si vede, come quello che costeggia la dorsale Zir. O quelli che ci sono tra le saline, lungo la via del Sale e nella zona di Nubia . Tra antichi mulini diroccati. Ma non ci sono più gli schifazzi con il loro carico di sale a fare da spola con il porto. Qualche scheletro di queste barche così robuste e affascinanti, un tempo il cordone ombelicale tra le isole e la terra ferma, si trova nei pressi del Residence marino. La sensazione è di vedere un vero e proprio “cimitero” di muciare e schifazzi. Uno spaccato della storia trapanese che merita di essere raccontato. Soprattutto alle nuove generazioni. Per comprendere l’identità dell’antica Drepana. Città così fiera ed orgogliosa da essere etichettata come “fedelissima ed invictissima”.

Nei libri di storia i trapanesi sono descritti come un popolo coraggioso e visceralmente legato alla loro città. Al punto da difenderla a costo della vita. Il colore rosso dello stemma di Trapani ricorda proprio questo legame. Tra la città che fu di Saturno ed i suoi abitanti disposti a dare la vita pur di proteggerla. Un comune denominatore che ha attraversato secoli e secoli di storia, passando dalle guerre puniche a quelle servili guidate durante l’impero Romano, con personaggi come Rodio, Atenione e tanti altri che si distinsero per il loro coraggio. Passando per le varie dominazioni, i Vespri Siciliani, i moti del 30 gennaio del 1948, l’unità d’Italia, la prima e la seconda guerra mondiale che vide Trapani pagare un altissimo prezzo, con migliaia di morti ed una città distrutta tutta da ricostruire. Ma che, con la sua vitalità, è riuscita a rialzarsi e ripartire. Con l’orgoglio  e la consapevolezza di essere sempre quell’antica Trapani “fedelissima ed invictissima”. Ogni tanto fa bene ricordare ciò che eravamo.

Mario Torrente