Da Blandano al bosco di Lisciandrini

Per evadere dalle nostre “prigioni” di cemento a volte basta davvero poco. Pochi chilometri, ed ecco che ti ritrovi immerso nella natura, tra paesaggi bucolici lontani dai frastuoni moderni e dagli stress quotidiani. Il “caricatore” energetico di corpo e mente se ne sta ad un tiro di schioppo dai contenitori cittadini. Basta solo addentrarsi per una stradina poco battuta per ritrovarsi immersi nell’abbraccio di madre natura.

Il viaggio per  l’hinterland trapanese inizia da Blandano, una vera e propria “veranda” che si affaccia nella piana della Sicilia occidentale, con da un lato la maestosità della montagna di Erice, dall’altro i dolci lineamenti delle isole Egadi. Un paesaggio che in certi periodi dell’anno regala tonalità da favola, tra il verde dei campi ed i colori che si perdono all’orizzonte. Se poi la giornata è di quelle uggiose, allora i contrasti sono ancora più marcati dalla foschia e dal grigio del maltempo. Che ha sempre il suo fascino. E permette di stuzzicare la fantasia. Anche perché questo è un luogo di silenzi, costellato dalle vecchie case disabitate e dai bagli dirupati. Che se ne stanno li, quasi a volere raccontare le tante storie che hanno visto scorrere tra le loro mura. Ma adesso, per questi edifici, molti dei quali ormai ridotti a ruderi, sono i tempi dell’abbandono. E della solitudine. Passeggiando da queste parti si resta colpiti dal senso di malinconia che pervade ogni pietra mentre, dal vicino stagno, si sente da lontano il gracidare delle rane.

Continuano a salire per la strada di Blandano  si arriva alla piccola frazione di Tangi, che richiama il detto tutto trapanese “socco porti mangi”. Annunciando i buoni sapori e gli odori del cucinato che pervadono queste zone, regno della ricotta e degli squisiti cannoli. Tra i più buoni della Sicilia. Ma questa è anche la terra delle pecore al pascolo, del bestiame. Delle grigliate e dei bolliti di carne. E di tante altre ricette frutto della tradizione di queste comunità. Dove ancora il tempo sembra procedere lento e senza affanni, scandito dai ritmi della vita dei campi. All’insegna della semplicità e della sobrietà.

A Tangi, dunque. Un insieme di poche case, una chiesa e le fattorie attorno, che richiama lo schema di altri borghi e frazioni sorti da queste parti durante il ventennio fascista durante la riforma agraria. Quando la parola d’ordine era avere terra coltivabile e braccia pronte a lavorarla, colonizzando queste zone, un tempo impervie, tra paludi, acquitrini e fitti boschi. Sorsero cosi le frazioni dove andarono a vivere i contadini assieme agli allevatori. Dall’oggi al domani furono costruire strade, ferrovie, ponti, gallerie e sottopassaggi per collegare i piccoli bagli, con le loro case erette attorno alle chiese ed i servizi per le nuove comunità che andarono a vivere da quelle parti. Di quel mondo oggi resta ben poco, se non strade dissestate e binari morti dove non passa più nessuno treno. Ed ancora trazzere poco battute e bagli ed edifici abbandonati al loro destino. Spesso ridotti a ruderi, in un’atmosfera in certi casi quasi spettrale. Tra i silenzi rotto solo dal soffiare dal vento ed il sottofondo della vegetazione circostante.

Da Tangi si arriva a Ballata, piccola frazione di Erice sorta attorno al Castello di Maurigi, con la sua torre torre normanna, datata tra il 1100 ed il 1200, che domina la borgata, più antica rispetto alle altre frazioni dell’hinterland con oltre tre secoli e mezzo di storia. Il baglio risale infatti al 1600. Proseguendo ci si addentra nel cuore delle campagne trapanesi, tra i campi di frumenti e gli uliveti. Un paesaggio caratterizzato dall’andamento delle colline e tra i ponti della antica linea ferrata, come quello dei dodici archi, autentico gioiello di architettura. Che lascia immaginare come un temo queste zone dovevano essere “vive”, con i treni e le varie stazioni che rappresentano le vie di collegamento tra le varie località compresi tra i due principali centri urbani di Trapani e Palermo.

Tant’è che da queste parti è tutto un susseguirsi di caselli e stazioni ferroviarie abbandonate, come quella di Bruca, anche questa frazione rurale a poco più di trecento metri dal livello del mare nata durante gli anni Venti con gli abitanti che si dedicavano all’agricoltura e all’allevamento. Da qui partono le due strade, una delle quali piuttosto malconcia, meglio se si fa in fuoristrada, che portano alle pendici del monte Inici, dove si è possibile ammirare i resti del castello di Inici, ed il bosco di Lisciandrini, autentico polmone verde dove è possibile fare delle escursioni mozzafiato per arrivare a pizzo Merio, a 400 metri di altezza, o lungo il Vallone Cinturini, addentrandosi nel cuore del canyon, dove il corso d’acqua che attraversa la gola forma le affascinanti “orghe nere”. Il bosco rappresenta poi una piccola oasi naturalistica, dove un occhio attento e preparato può trovare anche delle autentiche rarità botaniche, come l’orchidea dell’uomo nudo, pianta chiamata così per la forma del labello del fiore. La forma dei suoi petali, infatti, ricorda il corpo di un uomo, dalla testa alle gambe alle braccia, compreso il sesso.

Mario Torrente