Quando la montagna mette di buon umore: diario di un’escursione tutta ericina

Questo è il mio racconto, personale, lontano dagli schemi giornalistici che sono abituato ad utilizzare per lavoro, di una bella giornata all’insegna del trekking passata facendo su e giù per la montagna di Erice assieme a tanti amici e molta bella gente. Tutti insieme per condividere le bellezze del borgo medievale e dei sentieri che dalle mura millenarie scendono lungo il versante dei Runzi. Un angolo di paradiso davvero tutto da scoprire, passo dopo passo. L’occasione buona è stata l’escursione organizzata dai nuovo presidio Cai di Erice, nato proprio per valorizzare il grande patrimonio naturalistico del Monte e del suo Agro. gruppo-escursioneSentieri che conosco molto bene, ma che, ahimè, faccio quasi sempre da solo. Ma la scorsa domenica ho invece avuto il piacere di condividere questa esperienza con un centinaio di persone, avendo l’onore anche di fare da “apripista”. E devo dire che è stata tutta un’altra storia. Lo stare insieme, immersi nella natura, rilassa, scarica la tensione ma soprattutto mette di buon umore. Emoziona. Rende felici. Crea empatia. Forse, stando lontani dalla frenesia della quotidianità dei tempi nostrani, ci fa tornare più “umani”. Del resto, le nostre origini sono piantate nella terra come le radici degli alberi. Ecco il mio “diario” di un’escursione da ricordare. Forse il testo potrà risultare un po’ lungo. Ma niente ci fa. In tempi dove tutto è veloce e abbiamo perso la pazienza e la voglia di leggere, io voglio andare controcorrente. Il racconto di un’esperienza, il suo bagaglio di emozioni, la voglia di condividere, non ha, per usare un termine tecnico noto a noi giornalisti, “ingombro” (il limite massimo della lunghezza del pezzo). Quindi, se non siete propensi (e già è assai che siete arrivati fino a qui) a fare questo “sforzo”, vi prego, chiudete subito la pagina dando man forte alla teoria di mia moglie (Lei: “i post troppo lunghi non li legge nessuno”. Io: “Pazienza, proverò a sopravvivere a questa delusione”). Se invece siete dei romantici della lettura, vi ringrazio in anticipo e vi invito a continuare a scorrere questo post. Se poi non vi piace, questa è tutta un’altra storia. Almeno ci abbiamo provato. Io a scrivere e voi a leggere. In un modo o nell’altro è sempre una prova di affetto reciproca…

Ma andiamo all’escursione. Passeggiare è bello, ma in compagnia è ancora meglio. Se poi l’escursione si snoda per i sentieri di Erice, con bel gruppo fortemente motivato, carico di voglia di vivere la magia che solo il Monte sa regalare, beh, ecco tutti gli ingredienti per una meravigliosa giornata a spasso per i sentieri ericini, tra le mura millenarie, i silenzi mattutini del bosco e suggestivi panorami mozzafiato tra cielo e mare. Ed ancora le tante leggende che aleggiano sul borgo e la voglia di percorrere quei sentieri che per secoli sono stati il cordone ombelicale tra Erice ed il territorio a valle, scoprendone gli angoli più nascosti. Respirando gli odori della natura e cogliendo colori, ora accesi, ora tenui, che sembrano venuti fuori da un dipinto. Il tutto accompagnato “dall’abbraccio di Venere”, la magia della nebbia che avvolge la vetta del monte, riuscendo a catapultare questo angolo di Sicilia a settecento e passa metri di altezza in chissà quale dimensione ed epoca. Solo qui è cosi…ed il senso di avvolgimento che ne deriva non ha paragoni. Questa è Erice. Questo è il suo fascino. Questo è il senso di pace che arriva all’anima. Questa è la montagna che fu della dea Venere. Che continua ad incantare ed a fare innamorare. img_7193Come è successo a me! Nato e cresciuto a mare, originario di Marettimo e con un cognome che solo a dirlo echeggia la forza e la bellezza della più lontana delle Egadi, ma che nel  “bel mezzo del cammino di nostra vita” si è ritrovato dalle parti del Monte. “Importato” in alta quota! Ed è stato amore… e qui è davvero per sempre. Non c’è scampo. Se ti entra dentro questo posto non ti molla più. Ne farai parte in ogni sua sfaccettatura. Ed ogni volta che dici “Erice” o che ti affacci dal Balio o che senti suonare la campane o che vedi la Madonna in processione sarà sempre una scarica di emozioni. I veri ericini doc lo sanno bene. Quelli fasulli (e c’è ne stanno davvero tanti) invece (se sono riusciti a sorbirsi queste  4226 caratteri spazi inclusi) staranno  storcendo il muso. Del resto loro sono sempre pronti a criticare e sentenziare. Se oggi Erice si trova nelle condizioni di desolazione e spopolamento (che tristezza per un posto così unico e bello) è tutta colpa loro, di quelli che hanno voltato le spalle alla propria terra ed alla gente che ci vive. Quella terra fatta di storie di uomini che ho sempre sentito da tanti amici muntisi, da mio suocero come dai miei cognati e da mia moglie Paola, quando un giorno facendo una passeggiata ai Runzi mi raccontava di quando, piccola, andava a raccogliere le more o atri frutti e fiori con sua madre, i cugini e le tante amiche ed amici con cui ha condiviso l’infanzia e l’adolescenza. Allora Erice era viva. La montagna era viva. Questo versante del Monte che si affaccia su Bonagia ed il mare di monte Cofano era chiamato “u broccolo”, tanti erano gli alberi e fitta la vegetazione. Piena di selvaggina e di una miriade di doni della natura. Ora, dopo decenni di incendi e devastazioni, non resta più niente, se non i pochissimi alberi di un tempo (si contano davvero sulle dita di una mano) ed altri che stanno provando a crescere, riprendendosi i propri spazi (leggi post “La rivincita di madre natura“). Ed ogni volta che dal quartiere spagnolo scendo verso porta Castellammare, mi chiedo sempre come sarebbe stato percorrere questo sentiero tra tutti quegli alberi. Chissà se un giorno il “broccolo” tornerà a regnare su questo versante del monte. Chissà…

Nonostante tutto il bosco di Erice, ciò che resta, continua a “respirare attorno al borgo medievale. È ormai l’ultimo polmone verde della vetta. Li ancora si riesce a cogliere il senso di avvolgimento e l’accoglienza che solo madre natura sa dare. La sua capacita di fare comunque staccare la spina dei pensieri e ricaricare le “pile”. L’ingresso per questo angolo di paradiso è proprio dietro l’angolo, in pieno paese, davanti la Matrice per continuare verso porta Carmine, da dove è partita l’escursione di domenica promossa dal Cai che ha visto come “cicerone” un muntiso davvero doc, Nicola Savalli, del gruppo archeologico Erykinon, che ha raccontato, con dovizia di particolari, la storia delle mura ericine, narrando anche i miti e le leggende che aleggiano attorno all’antico borgo medievale, come quella del “piede del diavolo” o di “berretta rossa”. Del resto il percorso è passato in alcuni punti decisamente particolari, nei pressi di porta Spada, dove c’è traccia di quell’orma impressa nelle mura a ricordo di quando San Cristoforo caccio da Erice il diavolo. img_7152Per non parlare del cimitero ebraico (i muntisi lo chiamano così anche se non c’è certezza su cosa fosse questa struttura, forse riconducibile agli arabi, visto che non sono mai stati eseguiti studi approfonditi in questo sito) o del quartiere spagnolo e dei suoi spettri del passato che ancora, in certe notti di nebbia, fanno salire un brivido lungo la schiena anche ai meno propensi a certe “suggestioni”: credetemi, quel posto è davvero “caratteristico” … ed in certe notti è meglio passarci al largo! Ed il buon Nicola ha spiegato e raccontato, condividendo con tutti i presenti i tanti segreti della “Erice misteriosa”. Un mondo tutto da scoprire… Ciò che invece si è manifestato in tutto il suo squallore è stato il versante del monte devastato dall’incendio dello scorso settembre, che è arrivato a sfiorare la chiesa di Sant’Ippolito. Qui il referente del presidio di Erice del Cai Vincenzo Fazio ha invitato i presenti ad un momento di riflessione sull’importanza della sorveglianza del patrimonio naturalistico ricorrendo alle nuove tecnologie dei droni e della videosorveglianza. Un progetto sicuramente innovativo che potrebbe segnare la svolta nell’ambito della prevenzione degli incendi. Intanto, nella speranza che arrivi il “grande fratello” del Monte, la montagna e stata difesa e sorvegliata dagli stessi ercini che quest’anno, per la prima volta, hanno indossato i panni dei volontari facendo servizio di Protezione Civile tenendo sotto controllo la montagna, in ogni suo angolo. E la loro presenza s’è fatta notare, in diversi casi segnalando subito la presenza di principi di incendio, il che ha permesso di intervenire per tempo. Certo, i droni ad infrarosso potrebbero dare una grossa mano d’aiuto come avvenuto in altri parti d’Europa. Ma siamo in Sicilia… e qui è tutto più perversamente complicato. Per non dire che quella che dovrebbe essere una priorità (la difesa dell’ambiente, la nostra vera ricchezza) spesso e volentieri non ha le dovute attenzioni. Di sicuro si potrebbe fare molto, ma davvero molto, di più.

Ciò che conta è comunque portare avanti le battaglie giuste, in questo caso quelle che valgono impegno e amore per la natura. Ed il presidio del Cai di Erice, di cui sono tra i promotori assieme ad altri appassionati del trekking, a partire da Vincenzo Fazio, Angela Savalli e Monica Cassetti, è nato proprio con l’obiettivo di valorizzare e tutelare il monte e tutto il suo Agro. Una sfida partita lo scorso giugno con l’auspicio di essere sempre più numerosi. L’obiettivo, oltre a passeggiare nella natura, è di creare una nuova coscienza ambientalista, “spingendo” per l’attuazione di buone pratiche e nuovi modelli di sviluppo, con l’occhio rivolto al recupero, alla cura ed alla promozione dei sentieri. Diciamo che in questi anni, a fronte di un patrimonio quanto mai variegato, si è fatto davvero ben poco. Ultimamente qualcosa sta però iniziando a muoversi, come nel caso nell’ambito del progetto “Erice trekking” (che riguarda la sentieristica di Erice e del territorio a valle dell’Agroericino) e l’intento del Cai di “adottare” i sentieri del bosco antico e delle mura elimo-punche, per anni lasciati in condizioni di degrado ed abbandono. Adesso la sfida è arrivare al loro recupero e manutenzione. Si spera in una vera svolta politica. escursione_risalitaIl sindaco di Erice Giacomo Tranchida, presente domenica all’escursione in rigorosa tenuta da trekking, in questi mesi ha più volte preso l’impegno di dare una sistemata al percorso che dalla matrice arriva fino al quartiere Spagnolo. Un itinerario facile da percorrere, bello e ad un tiro di schioppo dal paese, certamente dalle mille potenzialità, di cui ho parlato su Scaminando nel post “Dove la montagna incontra il cielo: a spasso per i sentieri di Erice“. Per non dire che, così come fatto in occasione dell’escursione del Cai, partendo da Erice, per comodità anche da porta Carmine, scendendo e risalendo dai Runzi, si arriva dritto dritto alla Torretta Pepoli, passando proprio da sotto il costone roccioso del Castello di Venere ed entrando in zona davvero speciale, da cui si gode una panorama eccezionale. Ed una volta fatta la scalinata in pietra della Torretta Pepoli si arriva ai giardini del Balio; oppure si può tornare nel bosco dirigendosi verso porta Spada. Insomma, non manca la possibilità di scelta. Ce n’è per tutti i gusti. Impossibile restare delusi! L’esperienza sensoriale, immersi nella natura, è garantita, passando delle ore molto piacevoli, all’insegna della tranquillità, della spensieratezze e dell’allegria se si è in compagnia, come avvenuto domenica scorsa. Un’esperienza sicuramente da ripetere. Quanto prima. Tempo permettendo. Perché alla fine è sempre la montagna che comanda!

Se siete arrivati fino a qui…beh, grazie davvero! Per sdebitarmi non posso fare altro accompagnarvi a fare una passeggiata per i sentieri delle mura di Erice per una bella scaminata in compagnia che, fidatevi, rilassa e mette di buon umore. Quel bosco ha qualcosa di magico. Forse anche di terapeutico. Passeggiando tra gli alberi secolari si riesce a nutrire l’anima, soddisfando corpo e mente. Forse più la mente che il corpo. Il fisico si abitua a camminare. La mente, invece, ha sempre bisogno di essere nutrita. Ad Erice, di sicuro, trova pane per i suoi denti…

Buona scaminata a tutti…se in quel di Erice è meglio!

Mario Torrente