Il richiamo della Montagna

La montagna di Erice è ricca di posti da scoprire ed esplorare, spesso davvero ad un tiro di schioppo del borgo medievale della vetta. Scendendo dal Quartiere Spagnolo lungo il sentiero di porta Castellammare si arriva ai Runzi. Siamo nel versante Nord Est del Monte, nei pressi nell’antica chiesa rupestre di Sant’Ippolito, a circa 500 metri di altezza. Un tempo la zona era piena di alberi di ogni genere, come quelli di noci, castagno e gelsi. Gli ericini ricordano ancora quel bosco meraviglioso, con querce, pini e tante altre piante dove anticamente, scendendo dalla vetta, si andavano a fare delle belle scampagnate, magari per raccogliere verdura, origano, pinoli, more, ciclamini, assaggiare delle sana ricotta fresca o prendere del latte appena munto. O semplicemente per cercare un po’ d’ombra nelle giornate di caldo. “Com’era bello allora”, ricordano nostalgicamente i muntisi. Quel versante del Monte che si affaccia sull’Agroericino pulsava di vita: c’erano i bagli, le pecore, le mucche, i conigli tanta selvaggina da cacciare. La montagna, allora, era davvero vissuta!  E soprattutto c’erano tanti, ma tanti alberi. Ma dopo decenni di incendi oggi, purtroppo, di quel grande patrimonio ambientale è rimasto ben poco. Pochissimo. E per di più continuamente a rischio per la “minaccia” degli incendi. Un tempo la strada che collegava Valderice ad Erice era piena zeppa di alberi…oggi è solo una triste desolazione! E percorrendo le mulattiere che arrivano a valle in alcuni tratti si ha davvero la sensazione di trovarsi in una landa desolata. Eppure,  nonostante lo scempio e la devastazione dell’uomo, il pendio dei Runzi sta timidamente tornando verde, grazie alla paziente opera di madre natura: con gli anni stanno crescendo piccole querce ed altri alberelli “nutriti” dalla nebbia che sale dal mare. Speriamo bene…. Certo, con un po’ di manutenzione e soprattutto una preventiva attività antincendio per tutelare il patrimonio ambientale della montagna di Erice le chance di vendere di nuovo il Monte pieno di alberi potrebbero aumentare. Purtroppo la realtà è ben altra e ciò che dovrebbe rappresentare una priorità sembra invece relegato nelle ultime pagine dell’agenda delle cose da fare. Ed intanto in Sicilia gli incendi continuano a mandare in fumo alberi e macchia mediterranea…

Percorrendo il sentiero che costeggia il lato di Levante del Monte, che passa proprio sotto i giardini del Balio, si resta inebrianti dai mille odori delle piante presenti. Anche qui è un tripudio di colori, con panorami mozzafiato sul mare dell’Agroericino e lo sfondo maestoso di Monte Cofano. È anche possibile, seguendo la segnaletica del Cai, risalire fino alla Torretta Pepoli, arrivando quindi direttamente al Balio, o continuare in direzione Sud verso la strada dei Difali e quindi scendere verso il Santuario di Sant’Anna fino a Trapani o risalire in direzione porta Trapani arrivando dunque ad Erice. Camminando in questo particolare sentiero, che si affaccia su Valderice, è possibile ammirare il costone roccioso dove sorge il Castello di Venere, un tempo dimora delle ierodule, le sacerdotesse dell’amore che si concedevano ai marinai che arrivano dal mare e risalivano la montagna per visitare il tempio di Afrodite, lasciando doni in onore della dea e ricevendo in cambio le “attenzioni” delle vestali che praticavano la prostituzione sacra. Essendo nata dal mare, la dea dell’amore (Ibla per i Sicani, Potnia per gli Elimi, Astarte per Fenici e Cartaginesi, Afrodite per i Greci e Venere per i Romani) era venerata anche dai naviganti, che vi si rivolgevano per chiedere una navigazione sicura. Ma era anche la divinità che rendeva bella la terra, il cui culto nacque ad Erice, proprio per quel che riguarda la fecondità e la generazione della vita, già con i Sicani, che eressero il primo tempio sulla rocca dove oggi si trova il Castello Normanno. Sul piccolo acrocoro di notte veniva acceso un fuoco che indicava a chi era in mare la via per il monte della dea. Erano davvero tempi d’oro per Erice, nel senso canonico del termine: la città era ricca che godeva di un trattamento particolare, tant’è che il tempio della Venere ericina compariva anche nelle monete dell’Impero Romano. Il mito delle sacerdotesse riecheggiava in ogni angolo del Mediterraneo. Insomma, Erice era davvero una tappa obbligata per chi andava per mare…quando si dice “il richiamo della montagna”!

Mario Torrente

(Foto Torrente)